“Un pellegrinaggio interiore verso Cristo”: a questo i cristiani sono chiamati. Lo ha detto martedì sera alla sessione del SAE in corso ad Assisi don Cristiano Bettega, direttore dell’Ufficio nazionale ecumenismo e dialogo della CEI. Presiedendo la messa alla Domus Pacis, dove giorno per giorno si alternano preghiere, relazioni, gruppi di studio, momenti conviviali, don Bettega ha meditato sulla domanda della madre di Giacomo e Giovanni a Gesù. “La tradizione cristiana afferma che Gesù è alla destra del Padre, ma non lo è a titolo personale: rappresenta ciascuno di noi, al di là che lo meritiamo o meno. A noi è chiesto di imparare a cercare un posto non per noi stessi ma per servire come lui ha servito. Non cercare di stare a fianco di Gesù, uno da una parte, uno dall’altra, ma di essere in lui. La strada del servizio ha mille modi e ci rende una cosa sola in lui. Ci doni di essere servi gli uni degli altri e di testimoniarlo”.
Un esempio di questo modo di “essere servo” è stato quello di monsignor Luigi Sartori, ricordato in serata nel decimo anniversario della scomparsa, in un incontro moderato da don Giovanni Brusegan, delegato per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi di Padova. Il teologo è “entrato” in sala attraverso la riproduzione di un’intervista e le fresche testimonianze di suoi fratelli e sorelle nella fede oltre che colleghi, amici e collaboratori al SAE, die diverse generazioni: Elena Milazzo Covini, già presidente dell’associazione, Severino Dianich, Simone Morandini, Paolo Ricca, Tecle Vetrali. Un uomo che coniugava carità e verità - ha esordito Brusegan - la cui vita era fatta di “puntualità, incroci, rettitudine, rispetto dell’altro”.
Per Covini don Luigi “è stato molte cose: un maestro, come primo divulgatore delle notizie dal Concilio Vaticano II, un amico, che ha dato tanto al SAE, un esempio di umiltà, generosità, apertura. Per dire l’unità delle chiese parlava di sinfonia, un’ armonia di voci diverse”.
Dianich ha ricordato le collaborazioni fraterne in campo teologico tra cui la fondazione dell’ATI, di cui Sartori fu il secondo presidente. Era un uomo che cercava dovunque le ragioni della fede, modesto, discreto, non invasivo, in un’epoca creativa in cui c’era il gusto del dibattito e della ricerca. Un ricordo da discepolo è stato quello del teologo Morandini che presentò la tesi di licenza con Sartori e che ha rievocato le sue pubblicazioni in campo teologico ed ecumenico presso diversi editori e riviste e il suo lavoro in campo teologico come consulente del SAE. “Ci ha insegnato a capire il Concilio Vaticano II sottolineando due principi ecumenici: la ”gerarchia della verità” e la distinzione tra il deposito della fede e le forme per esprimerlo. E’ stato un potente ispiratore del cammino del SAE anche se non da solo ma in collaborazione con fratelli cattolici, protestanti e ortodossi. Ha concluso Morandini: “La sua eredità è affidata a tutti noi: custodiamola e facciamola germinare”. Di Sartori Paolo Ricca ha ricordato la diffusione della conoscenza della teologia protestante, la partecipazione come teologo cattolico membro della Commissione Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle Chiese e la condivisione di momenti decisivi della storia ecumenica come l’Assemblea di Lima del BEM: “un’esperienza straordinaria”. Tecle Vetrali dell’Istituto San Bernardino di Venezia ha concluso: “È stato maestro perché è stato vero discepolo. Si è messo a servizio riducendo il proprio spazio. Un grande insegnamento e una grande cattedra”.
I lavoro alla sessione continuano oggi, mercoledì con la tavola rotonda sulle donne e il futuro delle religioni con la rabbina Barbara Aiello, la teologa musulmana Nibras Breigheche, la docente cattolica Francesca Cocchini.