Mercoledì 25 luglio 2012 su "Economia, solidarietà, lavoro: l'esperienza del movimento ecumenico" sono intervenuti Lorenzo Biagi, (segretario generale della Fondazione Lanza – Padova) e Luca Maria Negro (Pastore evangelico battista, direttore del settimanale "Riforma").

Nel capitalismo - ha detto Biagi - , sono stati toccati dei punti nevralgici fondamentali. Il sistema ha portato di fatto alla “liberazione” di un potere lucrativo tendenzialmente illimitato e ciò compromette gravemente i rapporti umani.

Il capitalismo “tecno-nichilista”, che si basa sulla separazione tra le funzioni e i significati e che ha avuto un grande successo, mina le relazioni tra le persone. La separazione dei significati del vivere sociale ci consegna all’assenza di limiti e di controlli, e la speculazione finanziaria ha preso il posto dell’economia reale. L’economia ha perso ogni scopo sociale.

La sovrabbondanza dell’offerta (finanziaria, di viaggi, di telefonini, I pad…) ha ucciso il desiderio; crea godimento senza attesa, quasi fatti “coatti a godere” e senza spessore umano. Si attua la ”sregolazione” delle pulsioni, con conseguenze non ancora prevedibili.

L’economia va immersa nel relazionale, superando “l’universale mercificazione di uomo, lavoro e natura.

Falsi dogmi da cui liberarci  - ha proseguito Biagi – sono:

il mercato, visto come un dato di natura, quindi ineluttabile;

la democrazia che viene dal mercato e se non c’è libero mercato non c’è neppure democrazia;

l’utilitarismo con la ricerca del solo bene individuale; 

la crescita economica illimitata - che va assolutamente superata -;

la vera economia è solo quella del profitto e della crescita individuale senza orizzonti sociali.

I cristiani possono portare un contributo di coscientizzazione e di coscienza, di lavoro antropologico, proponendo una nuova antropologia post-individualistica e post-economicistica per un nuovo “umanesimo della responsabilità” (cf Gaudium et Spes). Possono indicare ed incarnare una nuova etica basata sui beni comuni, un nuovo contratto conviviale  su scala globale, “che parta dalla grammatica elementare dell’umano”, che riconosce il bisogno dell’altro, la necessità della collaborazione e della cooperazione, il fare spazio ai desideri più profondi e ai desideri dell’altro (Lévinas).

Anzitutto e soprattutto possono rilanciare il patrimonio profetico, e una nuova sequela mistico-politica (Metz), che rilancia la forza critica della promessa escatologica cristiana.  La sequela sequela di Gesù, che richiede impegno nella storia, rivaluta al tempo stesso la pregnanza escatologica del suo messaggio  e porta a vedere la vita,  e in essa l’economia, con vigilanza critica, riconoscimento e passione per l’oggi e per tutti gli abitanti del pianeta. 

 

L’intervento di Luca Maria Negro si è articolato in due parti: nella prima ha illustrato i tre concetti di società che hanno avuto un ruolo centrale nella riflessione sociale del movimento ecumenico dal 1948 ad oggi. Nella seconda ha parlato di un documento – e un processo – recente, il cosiddetto processo AGAPE lanciato dal Consiglio ecumenico delle chiese per rispondere al fenomeno della globalizzazione economica.

Dal 1948 ad oggi la riflessione su Chiesa e società all'interno del movimento ecumenico può essere sintetizzata facendo riferimento a tre concetti ecumenici di società (cfr. Ans van der Bent, Commitment to God's World. A Concise Critical Survey of Ecumenical Social Thought, Ginevra 1995, pp. 58-77):

  • Una società responsabile;
  • Una società giusta, partecipatoria e sostenibile;
  • Una sociegtà attenta alla giustizia, alla pace e alla salvaguardia del creato.

 

 All’assemblea del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC) di Vancouver (1983), assemblea dedicata al tema "Gesù Cristo - luce del mondo", si creava uno stretto collegamento tra impegno sociale e confessione della fede cristiana, e si invitavano le chiese a un mutuo impegno per un “Processo conciliare per la giustizia, la pace, l’integrità del creato” (IPIC in sigla inglese). Alla luce di questo processo, si tenne a Seul nel 1990 una Convocazione mondiale proprio per approfondire il senso di quel cammino. L’appuntamento coreano dimostrò, però, la difficoltà dell’impresa soprattutto perché non unanimi furono le prospettive evidenziate per accordare l’annuncio

del Vangelo, la vita delle Chiese e il loro impegno concreto per il prospettato impegno conciliare.

 

Nella seconda parte della relazione Negro ha presentato il documento - processo  "AGAPE" che sta sia per il termine greco agape (l'amore di Dio, nel Nuovo Testamento) che per "Alternative Globalization Addressing Peoples and Earth" ovvero "una globalizzazione alternativa al servizio dei popoli e della terra".  “AGAPE” è la risposta alla domanda posta all'Assemblea del CEC di Harare, Zimbabwe nel 1998: "Come viviamo la nostra fede nel contesto della globalizzazione?". Il documento è stato presentato all'ultima Assemblea del CEC a Porto Alegre, Brasile, nel 2006.

Si tratta dunque - ha sottolineato Negro - di un documento sulla globalizzazione, dove però il punto non sta tanto nella critica alla globalizzazione neoliberale, quanto nell'affermazione che "la grazia di Dio può trasformare questo paradigma", sviluppando "una visione ecumenica di vita in relazioni giuste e amorevoli, attraverso la ricerca di alternative alle presenti strutture economiche".

Si tratta di un appello rivolto alle chiese perché diventino "comunità non conformiste e trasformatrici" . "Nel contesto della globalizzazione neoliberale, le chiese sono chiamate ad un impegno di fede esplicito e pubblico, in parole e opere", lavorando per una "economia di vita" basata "sulla cooperazione, la reciprocità e la solidarietà" , una economia che "traduce in pratica l'agape".