Simone Morandini, del Comunicato esecutivo del Sae, ha introdotto e presentato i due relatori con il compito di effettuare una preliminare esplorazione dell’attuale contesto culturale, con le premesse e le esigenze di una Etica nella società globale: il teologo Antonio Autiero, docente all’Università di Münster e Direttore dell’Istituto di Scienze Religiose di Trento e la filosofa Laura Boella, docente all’Università statale di Milano.

Autiero parte dalla premessa: cosa vuol dire società globale e mette in evidenza l’aspetto ”paradossale” di questa espressione; in ogni caso una caratteristica determinante della società globale consiste nella globalità della comunicazione, l’“interconnettività”: questo ci sfida a dover giustificare il nostro comportamento, dunque la nostra etica su scala mondiale.
L’intervento tende a descrivere i tentativi che nel corso della storia dell’etica hanno voluto rispondere a questa domanda di “giustificare” la morale.
I modelli emergenti sono quelli che ci portano a legare il tema dell’etica alla categoria dell’essere (metafisica), dell’agire, dello stare, cioè del dimorare del soggetto etico nel corpo, nelle relazioni, nella storia.
In conclusione: l’intervento tende a trarre quattro compiti che attengono all’etica - se essa sottolinea e valorizza il terzo approccio.
Questi i compiti: audacia del sapere, dovere del dire verace, abilità nell’argomentare, pazienza nell’ascoltare.

La Boella prende le mosse dall’appello all’empatia per affrontare nodi fondamentali del mondo contemporaneo. L’empatia è al centro di una costellazione di sentimenti e relazioni che vanno dalla simpatia alla partecipazione alle emozioni di un altro, alla comprensione dei pensieri, sentimenti e desideri dell’altro, fino a forme di comportamento solidale e altruistico.
Quindi, tradizionalmente, l’empatia è oggetto di studio da parte di psicologi e dei filosofi.
Oggi invece assistiamo alla attribuzione all’empatia di un ruolo fondamentale di risorsa per uscire dalla crisi economica, politica, ecologica globale.
In particolare libri di autori molto impegnati come Jeremy Rifkin, “La civiltà dell’empatia” (2010), oppure un famoso primatologo, Frans de Waal, parlano di una civiltà dell’empatia come ultima possibilità della specie umana di sottrarsi alla crisi globale.
Insieme a questo, soprattutto nell’ambito delle scienze cognitive, l’empatia viene considerata l’origine dell’etica.
Riflette poi sull’attribuzione all’empatia di un ruolo salvifico per un mondo sull’orlo della catastrofe; e si interroga sulla fiducia, oggi molto diffusa, in una spiegazione naturalistica dell’etica sottratta al pluralismo e al conflitto di visioni del mondo e di valori diffuso nella società contemporanea.
Contrariamente a molti filosofi che considerano l’empatia un tema poco interessante, la Boella crede che occorra prendere molto sul serio il forte bisogno di empatia.
Invece di disegnare enfatici quadri di civiltà, l’attuale bisogno di empatia deve indurci a conoscere meglio questa fondamentale capacità umana di cui siamo tutti dotati, ma che non coincide né con un meccanismo cerebrale automo e involontario, né con un istinto innato.
L’empatia al contrario è un ampliamento dell’esperienza, che rende autentici i sentimenti di amicizia, solidarietà altruismo, ma solo se non ignora la dinamica e i rischi dell’esposizione all’ignoto dell’altro.