10 dicembre 2015 

Il discorso del segretario generale del Cec, Tveit, ai ministri e ai capi delegazione a Parigi

«E' nostra convinzione che vi metterete al servizio del mondo mostrando il meglio della creatività e della capacità umana». Così, lo scorso 8 dicembre, il pastore Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (Cec), si è rivolto ai ministri e ai capi delegazione riuniti a Parigi per l'incontro dell'High Level Segment della Conferenza delle parti (COP21) sui cambiamenti climatici.

Tveit ha parlato a nome di oltre 150 leader di diverse tradizioni religiose – tra cui anche il moderatore della Tavola valdese, pastore Eugenio Bernardini - che lo scorso ottobre hanno sottoscritto un appello consegnato a Christiana Figueres, segretaria esecutiva dell'Onu per la Convenzione sul cambiamento climatico. «Questo è il momento giusto per iniziare una trasformazione strutturale e individuale senza precedenti», ha affermato Tveit che ha aggiunto: «I governi non si possono sottrarre al dovere morale di accordarsi sui passi concreti e definiti verso la giustizia climatica». In particolare, il documento dei 150 leader religiosi chiedeva un accordo equo, ambizioso e vincolante applicabile a tutte le nazioni per eliminare entro la metà del secolo le emissioni di gas serra e l'adozione al 100% di energie rinnovabili per rimanere sotto un aumento della temperatura globale di 1,5/2 gradi centigradi.

Tveit ha voluto anche sottolineare i progressi già in atto nel mondo per il raggiungimento di questi traguardi: «Molti nel mondo stanno cambiando le loro priorità e i loro stili di vita per proteggere la Terra. Una svolta verde è già in atto».

Una nota di speranza, quella con cui ha concluso Tveit, che tuttavia non nasconde la situazione drammatica in cui vivono alcune delle popolazioni più povere del mondo, colpite concretamente a causa del cambiamento climatico. “Non lasciare nessuno indietro” è infatti la parola d'ordine dell'incontro tenutosi, sempre a Parigi nell'ambito della COP21, lo scorso 3 dicembre promosso dall'organizzazione “Pane per il mondo”, dall'agenzia umanitaria ecumenica Action by Churches Together (Act) Alliance e da Germanwatch.

Dall'incontro è emerso che, nel solo 2013, il numero di profughi climatici ammonta a 22 milioni di persone, «tre volte di più dei profughi causati da guerre e conflitti», ha sottolineato Cornelia Füllkrug-Weitzel, presidente di “Pane per il mondo”.

I cambiamenti climatici stanno provocando eventi atmosferici estremi - come inondazioni, siccità, carestie, innalzamento del livello dei mari – ad un ritmo sempre più elevato tanto da avere effetti profondi sull'economia di molti paesi del sud del mondo. «Effetti così profondi che non possono essere contrastati con politiche di adattamento alle nuove condizioni. Quale adattamento si può infatti proporre quando metà dell'intera economia di un paese subisce perdite a causa degli eventi climatici?», ha fatto notare Hon Pa Ousman Jarju, ministro dell'ambiente del Gambia. L'attenzione verso i più poveri e i più esposti è dunque una priorità delle comunità di fede.

Riforma.it