Riceviamo dall’Osservatorio interreligioso sulle violenze contro le donne (OIVD), associazione promossa e fondata anche da donne cristiane, diverse di loro socie Sae, il comunicato inerente il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione delle violenze contro le donne. L’OIVD ha focalizzato il suo intervento sul tema della prostituzione, attualmente oggetto di un acceso dibattito.

Leggi il comunicato

Segnaliamo la recente pubblicazione del libro

     Ospitalità eucaristica: in cammino verso l'unità dei cristiani
     a cura di Margherita Ricciuti e Pietro Urcioli
     Claudiana, Torino 2020, pp. 179, euro 16,50

In un confronto dialettico con voci rappresentative delle principali chiese presenti sul territorio nazionale, dopo l'introduzione dei curatori (entrambi soci del SAE), si affronta il tema dell’ospitalità eucaristica a partire dal documento La Cena del Signore a firma di Paolo Ricca e Giovanni Cereti in cui sono espresse le ragioni a sostegno di questa pratica.
La seconda parte comprende contributi di ben diciotto personalità provenienti dall'area protestante (luterana, valdese, battista, avventista, pentecostale), ortodossa e cattolica: Enrico Benedetto, Heiner Bludau, Ambrogio Cassinasco, Guido Dotti, Ermanno Genre, Andrea Grillo, Hanz Gutierrez, Ulrike Jourdan, Danielle Jouvenal, Giovanni La Rosa, Enrico Mazza, Carmine Napolitano, Luca Maria Negro, Silvano Nicoletto, Emmanuele Paschetto, Antonietta Potente, Edoardo Scognamiglio, Antonio Squitieri, Piero Stefani.

«Chi prenderà in mano questo libro, qualunque sia la sua opinione sull’ospitalità eucaristica, troverà qui molti motivi per approfondire la questione e sarà – si spera – invogliato a discuterla serenamente con altri cristiani, in un dialogo paziente, franco e cordiale»
Paolo Ricca

«Oggi è possibile esprimersi a favore dell’ospitalità eucaristica come strumento e mezzo che con la grazia di Dio e sotto l’azione dello Spirito può contribuire ad accelerare il superamento delle divisioni fra le chiese pur nel rispetto delle legittime diversità»
Giovanni Cereti

 

Margherita Ricciuti
Psicoterapeuta, valdese, socia del Gruppo SAE di Torino. Ha pubblicato volumi di psicologia per gli editori CST, Carocci e Boringhieri, e articoli sull’ecumenismo su “Riforma” e altri periodici.

Pietro Urciuoli
Cattolico, socio del Gruppo SAE di Avellino/Salerno. Laureato in filosofia, ha pubblicato Francesco d’Assisi. Giullare, non trovatore (EMP, Padova 2009) e vari contributi per periodici di rilevanza nazionale.

   La preghiera ebraica che i figli  recitano per la morte dei propri genitori è il Qaddish, un testo in cui non si parla mai di morti. Non lo si recita in favore di chi ci ha lasciato, lo si pronuncia dopo di lui e in virtù del suo esserci stato: senza quella vita non ci sarebbe neppure quella dei figli. La formula ebraica per onorare un defunto è: «il suo ricordo sia in benedizione». La prima e più concreta forma di memore benedizione è la vita stessa di chi deve la propria esistenza a quella vita che ora è stata sottratta ai suoi occhi. Accanto a questo legame di figliolanza primaria, ce ne sono però tanti  altri legati a un ricordo e a una benedizione estese nelle azioni, nei comportamenti, nella presenza, negli affetti, nelle amicizie, nei gesti, negli insegnamenti, nelle parole orali o scritte. 

   Rispetto ad Amos Luzzatto, che ci ha lasciato il 9 settembre a 92 anni, il SAE rientra nell'ambito allargato fatto innanzitutto di  amicizia, parole e insegnamenti. È giusto però che il primo ricordo di questo nostro grande amico e maestro noi lo compiamo attraverso alcune parole dovute alla figlia e ai due figli. Sono righe legate alla vita (e un libro di Amos si intitola proprio così, con questa semplice, grande parola) non alla morte. Furono scritte per un numero della rivista Keshet (allora diretta da un altro, nostro grande amico, Bruno Segre) integralmente dedicato agli 80 anni di Amos.

   «Noi Alisa, Gadi e Michele (“Aligadele” in famiglia), siamo i tre figli di Amos e Laura. Talia, Daniel, Leone, Andrea e Joseph sono i cinque nipoti [...] Come le amebe - che non muoiono mai, bensì si dividono in amebe-figlie e queste in altre amebe-figlie all'infinito - Amos sostiene di essersi diviso tra i tre figli in parti congrue, non solo dal punto di vista biologico. Un pezzo di sé, dei suoi interessi, delle sue curiosità e delle sue idee è percolato in ciascuno di noi tre figli. Pur tra molte sane contaminazioni, Alisa ha ereditato la parte israeliana, Gadi quella ebraica, Michele quella scientifica. Per i nipoti c'è ancora tempo e si vedrà [...] Per tutti gli anni della nostra infanzia e della nostra adolescenza, siamo stati abituati a vedere nostro padre impegnarsi su molti fronti. La pluralità di interessi e la poliedricità di vedute sono un'altra costante di famiglia. Non era ancora l'uomo pubblico che si celebra in questa rivista. Non era ancora Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l'intellettuale ricercato, l'autore di libri; non era ancora stato indotto dal contesto politico a vivere sotto scorta, a muoversi in continuazione di riunione in riunione, fuori e dentro i confini nazionali; non frequentava le alte istituzioni, non effettuava frequenti interventi pubblici nei giornali o in televisione con autorevolezza riconosciuta. Ma anche quando eravamo bambini Amos non è comunque mai stato un uomo ‛privato’, chiuso nell'orizzonte della famiglia e della sua vita. Dove sentiva di dare un contributo, lo dava, come avviene oggi.  Anzitutto per se stesso, perché si divertiva e gli piaceva mettersi in mostra - come è evidente per chiunque lo conosca - ma anche perché un conto è parlare delle cose che non vanno e altro è immergersi e dare fattivamente il proprio apporto, anche se l'ennesima riunione politica provinciale termina alle tre del mattino e poi alle cinque suona il telefono di casa che lo richiama per un intervento chirurgico d'urgenza in ospedale.

   I pionieri del primo insediamento in Erez Israel volevano “costruire costruendo se stessi”, e così Amos e Laura hanno costruito la coppia e la famiglia costruendo se stessi, specchiandosi l'uno nell'altra.

Amos Luzzatto 1928-2020,  il suo ricordo sia in benedizione.

vai al testo in pdf del ricordo di Piero Stefani

Il 17 agosto è morto a Mantova Armido Rizzi (era nato a Belgioioso, Pavia nel 1933). Teologo aperto all'ecumenismo aveva frequentato più volte le sessioni del SAE. In epoca recente la sua figura è stata presente in modo indiretto in incontri dedicati alla presentazione del libro di Carmine Di Sante dedicato al suo pensiero: Dentro la Bibbia. La teologia alternativa di Armido Rizzi, Gabrielli Editori, San Pietro in Cariani, VR 2018.

Lo ricordiamo attraverso due contributi entrambi toccanti: una autobiografia essenziale e una poesia dedicatagli dal nostro amico Marco Campedelli.

In occasione del 90° compleanno di Bruno Segre, pubblichiamo una nutrita e bella serie di auguri che il gruppo SAE di Milano ha raccolto.

Vai al documento

1. Dopo aver concluso i due piccoli cicli su «2020 una Pasqua diversa» e «2020 verso Pentecoste», ne inizierà un terzo: Una lettura ecumenica del Qohelet. Nel corso dell'estate si succederanno sette, brevi commenti che prendono avvio da passi tratti da questo libro biblico tanto consono al nostro tempo. Accanto alla voce ebraica, ci saranno quelle provenienti da varie Chiese cristiane. Confidiamo di concludere il ciclo, verso la fine di agosto, con alcuni dialoghi trasmessi per via telematica. Vi sapremo dire. Il primo intervento, a opera mia, sarà pubblicato già in settimana, il secondo e il terzo saranno rispettivamente di Sandro Ventura e suor Stefania Monti. Seguiranno gli altri.

2.  Mercoledì 10 giugno ore 18,00  zoom talk Confronti coorganizzato dal SAE,
Cristiani in dialogo
Derio Olivero, vescovo di Pinerolo
Fulvio Ferrario, Facoltà Valdese di Teologia
Moderano.
Claudio Paravati (Confronti)
Anna Urbani (SAE)
Introducono
don Giuliano Savina, CEI
don Stefano Tessaglia, Diocesi di Alessandria
Marco Russo, Chiesa Metodista Alessandria

Linee guida per accedere al webinar:
Apri “Zoom” e connettiti al numero 327 598 981

Oppure clicca direttamente questo link:
https://zoom.us/j/327598981
(cliccare "start from your browser")
o incolla il link sul tuo browser e clicca INVIO

(  https://www.facebook.com/events/2346801488948407/  )


3. Giovedì 11 giugno, ore 17,30
Coscienza e libertà
Il Covid-19 nelle chiese
relatori
Lidia Maggi, pastora battista
Carmine Napolitano, pastore pentecostale
Piero Stefani
modera Davide Romano, pastore avventista
Live su zoom
 https://us02web.zoom.us/j/86342667711



4. Il Monastero di Camaldoli ci invita a segnalare gli Esercizi spirituali ecumenici predicati da don Giuliano Savina, direttore dell'UNEDI, Abita la terra e vivi con fede:conoscerai sentieri di vita. Gli esercizi si terranno a Camaldoli dal 5 all' 11 luglio. Sono garantiti il distanziamento e le altre norme di sicurezza.  Per informazioni:  https: //www.camaldoli.it/13327-2/

Il 26 maggio ci ha lasciato Gianna Poggi, fondatrice del gruppo SAE di Piacenza e amica di lunga data di Maria Vingiani. Lei novantunenne era stata dichiarata guarita dal covid-19 che tante vittime ha mietuto in quella città. Dopo poche settimana la morte, come si diceva un tempo, ha bussato alla sua porta, non solo alla sua ma anche di sua sorella maggiore. Le figlie della stessa madre hanno compiuto il grande passo a due ore di distanza l'una dall'altra. Nella fede le sappiamo riunite nel Signore, accompagnate dalle nostre preghiere. Ricordiamo Gianna con la predicazione tenuta dal pastore Paolo Ricca a Roma nel trigesismo della morte di Maria Vigiani, le sue parole valgono per l'una e per l'altra testimone dell' "urgenza ecumenica".
Ringriamo gli amici della rivista Qol per il permesso concessoci di riprodurre il testo.

Vai alla predicazione di Paolo Ricca

Dopo un'ampia consultazione svoltasi sia all'interno dell'Associazione sia con la Domus Pacis di Santa Maria degli Angeli, si è concluso che per quest'anno non ci sono le condizioni per svolgere la Sessione di formazione ecumenica estiva. Il programma (clicca qui) è stato molto apprezzato e ci è stato chiesto di mantenerlo per il 2021.  
Le ben note difficoltà di questo periodo hanno consentito alla Domus Pacis di offrici, per l'anno prossimo, solo alcune date non confacenti alle nostre esigenze. L'Associazione è stata, quindi, pressoché concorde nell'accettare l'offerta di ospitalità giuntaci dal monastero di Camaldoli. La prossima Sessione è quindi programmata a Camaldoli dal 25 al 31 luglio 2021.
ll tempo inedito che stiamo vivendo ci ammonisce a non ipotecare senza esitazioni il futuro; tuttavia ciò non ci esonera dal programmare ed è appunto quanto abbiamo fatto.

Vladimir Zelinskij
L'epidemia e l'Ortodossia

L’Ortodossia è la religione del tempio. La sua fede, anche nella sua intimità personale e nella sua invisibilità mistica è legata alle cose visibili: riti, icone, sacramenti. La fede crea il suo ambiente, perfino il colore che decora la chiesa stessa: “vestita” in nero durante la Quaresima, in rosso per il periodo pasquale, in verde per la Pentecoste, in giallo per il tempo ordinario. Nel giorno della Epifania il sacerdote benedice l’acqua santa che i fedeli conservano a casa per tutto l’anno, poiché quel rito non si ripete ed insieme all’acqua tutta la creazione viene benedetta. Le stelle, il sole, la luna, gli abissi, le sorgenti, la luce fanno parte della “domus salutis” e la Chiesa ortodossa canta la gloria all’opera di Dio riempita dallo Spirito. Soprattutto la Pasqua, dopo un lungo digiuno assai severo che dura per quasi due mesi, arriva il tempo del banchetto spirituale, ma anche reale, fisico, gastronomico e quella golosità, con il cibo abbondante e benedetto, è inseparabile dalla festa. Insomma, la fede ortodossa è la fede che, oltre la preghiera, s’esprime visibilmente anche tramite la materia consacrata in cui Dio si manifesta, come diceva San Giovanni Damasceno. Anzi, è la fede toccata con la mano. L’epidemia però ha messo un confine, anzi un muro, tra la fede nel tempio e la fede nel cuore.
Non tutti hanno accettato la dittatura di quel muro. In Russia, per esempio, nel mondo clericale sono apparsi i cosiddetti “covid-dissidenti” che affermavano ed affermano ancora che non si possa prendere alcuna malattia dalle cose sacre, soprattutto dalla comunione, dal calice condiviso. Colui che parla delle precauzioni da prendersi non ha che una fede debole. Nonostante la forte “non-raccomandazione” del patriarca Kirill, alcuni di questi sacerdoti e vescovi hanno deciso e proclamato apertamente: celebreremo lo stesso la Pasqua del Signore, faremo come il solito. E hanno fatto così con la celebrazione notturna, in chiese pienissime di fedeli, i quali di solito hanno fiducia nei loro pastori. Con la comunione di massa, usando, secondo la tradizione, solo un cucchiaino per le centinaia di comunicanti perché il pensiero stesso del pericolo dell’infezione durante la comunione è già peccaminoso. La maggior parte di questi ecclesiastici oggi sono malati, alcuni sono già morti. Questa Pasqua ha aggiunto un po’ di sobrietà alla nostra fede, ha tolto un po’ dell’elemento magico. Non per tutti, però. Tuttavia, questa triste lezione rimarrà per lungo tempo. Anche per noi.
L’epidemia, nella quale noi bresciani siamo al centro, ha un suo messaggio per tutti i credenti. Siamo stati costretti a rimanere a casa. Siamo stati separati dai nostri fedeli, dalle immagini, dai calici, dai contatti quotidiani con tante cose alle quali eravamo abituati. Ma anche la casa e la reclusione possono diventare portatrici della parola – che noi dobbiamo saper leggere. Ridimensionati nelle nostre celle interiori, intime, possiamo riscoprire il nucleo della nostra fede, il gusto della preghiera nonché la nostra solidarietà, anche a distanza, con la gente delle nostre parrocchie; ma anche con i malati, con i morenti, con i medici, con gli infermieri di “un altro ovile”. Con tutti coloro che combattono contro la malattia e lavorano, vivono al confine tra la vita e la morte, di qualunque fede siano. La morte che ci sfiora risveglia a modo suo il senso, il sapore, il segreto della vita. Da cristiani non crediamo che tutto finirà qui sulla terra; la vita dei viventi e dei morti si trova nel deposito dell’amore di Dio e questo flagello che noi percorriamo porta proprio tale messaggio. Preghiamo tutti i giorni che questa prova finisca il più presto possibile, ma anche che la sua lezione non venga dimenticata. Сhe le frontiere della nostra solidarietà siano più larghe, che il bisogno della nostra unità sia ancora più forte.

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Una rilettura di Paolo all'interno del giudaismo del suo tempo

 

 

A partire dall'11 maggio, ogni lunedì e venerdì alle 17 per tre settimane, il professore Gabriele Boccaccini (Professor of Second Temple Judaism and Christian Origins , University of Michigan ) terrà in diretta sul gruppo facebook  “Storia del cristianesimo” le lezioni del suo corso "Paolo "ebreo" e "cristiano": una rilettura di Paolo all'interno del giudaismo del suo tempo ".
(www.facebook.com/groups/storiadelcristianesimo/)

L’accesso al corso on line è libero

Consulta la locandina del corso

La Pasqua è il tempo propizio per eccellenza di preghiera e unità in cui far risuonare la voce concorde dei cristiani di fronte al mistero della morte e risurrezione del Signore. Ci rallegriamo pertanto per l'uscita di questo testo ecumenico.

 

MESSAGGIO ECUMENICO DI PASQUA 2020:
«NON ABBIATE PAURA» (Matteo 28,5.10)

Care sorelle, cari fratelli,

una volta l’anno ci rivolgiamo a voi per presentare insieme il tema della “Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani”, che da oltre cinquant’anni viene preparata e celebrata congiuntamente dalle diverse Chiese, dal 18 al 25 gennaio.

In prossimità della Pasqua di Resurrezione, che le nostre Chiese celebreranno in date diverse (il 12 aprile nella tradizione occidentale, e il 19 in quella orientale), sulla base della fraternità che deriva dal confessare lo stesso Signore, abbiamo sentito il bisogno di tornare ad esprimerci insieme pronunciando una parola comune di fronte alla pandemia che ha colpito il nostro Paese e il mondo intero. Una pandemia mondiale, dunque, che non sta risparmiando nessuna regione del mondo e che, oltre a causare disagio, sofferenza e morte, condizionerà pesantemente le celebrazioni pasquali delle Chiese cristiane, con il rischio di offuscare quel sentimento di gioia che è tipico del tempo pasquale.

Nel Vangelo secondo Matteo la resurrezione di Gesù viene annunciata prima da un terremoto e subito dopo dall’angelo del Signore che fa rotolare la grossa pietra del sepolcro, provocando in tutti i presenti – guardie e “pie donne” – un grande spavento:

«Le guardie ebbero tanta paura di lui che cominciarono a tremare e rimasero come morte.
L’angelo parlò e disse alle donne: “Non abbiate paura, voi. So che cercate Gesù, quello che hanno crocifisso. Non è qui, perché è risuscitato proprio come aveva detto. Venite a vedere dov’era il suo corpo. Ora andate, presto! Andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti e vi aspetta in Galilea. Là lo vedrete. Ecco, io vi ho avvisato”. Le donne partirono subito spaventate, ma piene di gioia e andarono di corsa a portare la notizia ai discepoli» (Matteo 28,4-8, Traduzione interconfessionale in lingua corrente).

In questo testo sembra dominare un senso di paura: sia le guardie che le donne sono spaventate. Ma si tratta di una paura di segno ben diverso. Paura che rende tremebondi e che paralizza, quella delle guardie; paura unita a una grande gioia, grazie all’annuncio dell’angelo, quella delle donne. Un misto di timore e di gioia che le mette in movimento e fa di loro le prime annunciatrici della resurrezione.

Per questo, anche in questo tempo di contagio, vogliamo raccogliere l’invito dell’angelo (e poi di Gesù stesso, al v. 10): “Non abbiate paura”. Nel rispetto delle norme di prudenza a cui dovremo continuare a sottostare per impedire la diffusione della pandemia, come Chiese ci sentiamo chiamate ad essere, come le pie donne, annunciatrici della risurrezione, del fatto che la morte non ha l’ultima parola: “O morte, dov’è la tua vittoria?” (I Corinzi 15,55), accogliendo il dono del Cristo morto e risorto: la trasformazione, il rinnovamento e la rinascita.

Questa pandemia rafforza altresì in noi la vocazione ad essere insieme, in questo mondo diviso e al contempo unito nella sofferenza, testimoni dell’umanità e dell’ospitalità, attenti alle necessità di tutti e particolarmente degli ultimi, dei poveri, degli emarginati. Con un sentimento di gratitudine speciale a Dio per i tanti che si prodigano senza sosta a fianco di chi soffre.

Anche se l’incontro tra le diverse Chiese in queste settimane è diventato per forza di cose virtuale, vogliamo raccogliere l’invito di Papa Francesco, del Patriarca Ecumenico Bartolomeo, del Consiglio Ecumenico delle Chiese e della Conferenza delle Chiese Europee a unirci nella preghiera con le parole che Gesù ci ha insegnato: “Padre nostro che sei nei cieli… liberaci dal Male”


+ Ambrogio Spreafico
Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino
Presidente della Commissione Episcopale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso della
Conferenza Episcopale Italiana (CEI)

+ Metropolita Gennadios
Arcivescovo Ortodosso d’Italia e di Malta ed Esarca per l’Europa Meridionale, Patriarcato
Ecumenico

Luca Maria Negro
Pastore battista, Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia (FCEI)

Frosinone – Venezia – Roma, 8 aprile 2020

Scarica il messaggio in formato pdf

27 Marzo 2020
(Fonte NEV)
Pubblichiamo la lettera aperta di un gruppo di teologhe e teologi evangelici e cattolici affinché nessuno muoia nella solitudine, nemmeno nel pieno dell’ emergenza coronavirus.

Vai al testo integrale della Lettera aperta

L’8 marzo scorso è mancato a Reggio Emilia Quintilio Zini. Era nato il 6 gennaio 1931. Molti lo ricordano come fedele partecipante a tante Sessioni del SAE e come animatore del gruppo locale di Bologna. Sul sito di Bologna è stato pubblicato un ricordo a cura di Giancarla Matteuzzi, Enrico Morini e don Athos Righi (il monaco che succedette a Dossetti nella guida della Comunità).

Riportiamo alcuni messaggi che sono circolati nel SAE in questi giorni e che esprimono il legame che ci tiene uniti anche in questi tempi così difficili

[da Reggio Calabria]
Caro Piero, care amiche e cari amici del SAE di tutta Italia,
un semplice saluto, un ciao dato con la mano a un metro di distanza.
Ma soprattutto un grazie a questo SAE di cui faccio parte con gioia e orgoglio.
Per me umbra, in questa terra (RC) in cui mi sento ancora forestiera, dove non ho parenti,
ho voi, amici lontani e vicini, a cui mi sento legata per idealità, per sentimenti, per comunione di intenti, per prospettive di vita.
Solo questo oggi voglio dirvi, che sto bene e che prego per la salute di tutte le persone a cui sono legata.
Il Signore ci darà modo, coi suoi tempi, di incontrarci ancora, di condividere la stessa mensa l’uno accanto all’altra.
Auguri per tutti e per tutto.
Ecumenicamente, Gigliola Pedullà (SAE Reggio Calabria)
[da Bergamo]
Care amiche e cari amici del SAE,
apprezzo molto le parole di Gigliola che ci ricordano di far parte di una grande famiglia, il SAE.
Mi trovo a Bergamo da mia figlia e sento le continue sirene delle ambulanze che rompono il silenzio della città. Ho saputo che le salme sono lasciate nelle chiese per mancanza di altro spazio ed i funerali sono molto frequenti.
È necessario unirsi spiritualmente in preghiera. Chiedo a Piero, se possibile di organizzare uno spazio di condivisione virtuale, un videomessaggio per sentirci vicini nell’affrontare questi momenti difficili. Non so se ciò che chiedo sia realmente attuabile perché non ho particolare conoscenza dei mezzi della tecnica. L’idea mi è venuta perché partecipo alla messa in streaming di papa Francesco ed all’incontro con Massimo Aprile e Anna Maffei, che commentano giornalmente un brano biblico.  
Un abbraccio ecumenico, Daniela (SAE di Messina)
[da Milano]
Cara Gigliola, care amiche e cari amici.
Grazie di queste parole e di richiamarci allo spirito di condivisione che da sempre ci contraddistingue come Sae. Sento molto questa dimensione che è spirituale prima ancora che fisica.

… I pensieri poi si accavallano e corrono a chi si ammala o a chi non può stare accanto ai congiunti che si ammalano o addirittura muoiono. Ma vanno anche al nostro povero Paese, alla sua economia che sta mettendo in ginocchio tanti onesti lavoratori: sotto casa mia, c'è un bar gestito da una coppia molto simpatica di origine ucraina: moglie e marito, due grandi lavoratori. Avevano le lacrime agli occhi perché hanno dovuto chiudere. Per la salute si fa tutto, mi hanno detto, ma per noi ne va della nostra sopravvivenza...

Ho appena letto sul Sito di Tiscali notizia che contrappone le decisioni italiane a quelle britanniche parlando di cattolici contro protestanti.....
I titoli ad effetto spesso rivelano una mentalità ancora radicata e dalla quale non riusciamo a schiodarci, così come accade per tutti i razzismi, di genere e di fede, che ci ricordano quanto lavoro c'è da fare ancora.
Noi del Sae, per quanto in piccolo, siamo uno spazio di dialogo e confronto sano e accogliente che non possiamo non riconoscere come un grande dono del Signore. Una responsabilità enorme ma anche una grande gioia che ci spinge a sentirci prossimi tra di noi e con tutte le altre persone che ci circondano anche se lontane.

Insomma, scusate, non volevo dilungarmi tanto ma mi piace parlare con voi immaginando il volto di ciascuna e ciascuno e pensando anche a quale sarebbe la reazione a un certo argomento... e mi viene un sorriso, di cui vi ringrazio...

Noi del CE, con Piero, stiamo continuando a lavorare per il Sae, la preparazione della Sessione è praticamente ultimata e quindi guardiamo al futuro con fiducia…

Ora chiudo, mandandovi il mio personale saluto ma anche quello di Riccardo, mio marito, e penso di poter unire quello di tutto il CE.
Che il Signore ci dia la forza di non cedere al pessimismo, ci aiuti a guardare avanti con fiducia, ci doni la capacità di essere veramente misericordiosi
un abbraccio virtuale ma pieno di sincero affetto
Donatella, (CE SAE)
[da Ferrara]
Care, cari,
nella storia interna del Sae ci si è rifatti tante volte a una prospettiva che è più grande di noi, è la visione che parla di "segni dei tempi". Quando poi ci si trova in un momento che sembra avere tutte le caratteristiche di essere "segno", ci è in realtà quasi impossibile riuscire ad applicare in modo sensato questa categoria. Non è la prima volta che ciò accade, ma è la prima volta che accade una situazione, sempre più globale, come quella di queste settimane passate e prossime venture. Siamo disorientati, come tutti, come le chiese, come le religioni che non sanno cosa dire, e si limitano a ripetere parole per molti versi scontate o persino usurate o al più progongono (non di rado in modo poco convincente) "cure palliative" spirituali. Forse per cominciare un percorso nuovo bisognerà partire proprio da questo senso di povertà e di vedovanza. Siamo in un prolungato "sabato santo", ma prima di noi vi è stato il nostro Signore Gesù Cristo.
Vi ringrazio tutte e tutti, ciascuna e ciascuno per le vostre parole e ancor di più per i vostri cuori.
Che il Signore vi benedica e vi custodisca
Piero, (presidente del SAE)

 

Riportiamo di seguito uno stralcio dell’intervista di NEV a Massimo Aprile sulle preoccupazioni e l'angoscia vissute in questi giorni (Fonte NEV 12.03.2020)

Ermeneutica del coronavirus. Antidoti teologici contro la paura

 …Infine, pastore Aprile, c’è una lezione o un insegnamento che vuole comunicare a credenti e non credenti?

Questa domanda è proprio una tentazione rispetto a quello che ho appena detto. C’è il rischio di dire troppo e di cadere nell’insipienza. Avvertito il lettore, azzardo una risposta “per me”. E’ la mia risposta. Non ha pretesa di oggettività.

Mi sono chiesto se quel che stiamo vivendo non possa essere percepito come una prova generale di una futura e oramai sempre più possibile crisi climatica.

I confini si sgretolano. Le ideologie dell'”America first”, o “prima gli Italiani”, se preferite, si dimostrano false. Il globo è veramente divenuto un villaggio. Si vince o si perde insieme e non a discapito degli altri. Una prova generale, dalla quale se usciremo più saggi, potremo trarre motivi per riflettere e mettere mano alla trasformazione di un modello di sviluppo che il pianeta non è più in grado di reggere. Qualcuno ha detto: “Se il pianeta ha la febbre, allora il virus potremmo essere noi”. Questa è la mia ermeneutica del coronavirus: una grande lezione per rivedere economia, ecologia, il nostro modo di alimentarci, di lavorare, di consumare e anche di essere credenti.

Io pure stendo il mio striscione virtuale con l’arcobaleno e con la scritta “Ce la faremo”. Ma vi aggiungo una condizione. “Ce la faremo se sapremo tirare fuori da noi stessi il meglio di ciò che vi è stato posto: un tesoro in vasi di terra”.

 

A poci giorni dalla morte di Maria un altro passo del cammino di cui lei è stata pioniera. Sabato 25 gennaio a Bologna, durante la celebrazione che ha chiuso la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani, otto chiese cristiane di Bologna, firmando la Carta Ecumenica di Bologna, hanno dato vita anche in questa città al Consiglio delle Chiese Cristiane.

Le chiese bolognesi partecipanti sono la chiesa Cattolica, la chiesa Ortodossa Moldava di lingua russa del Patriarcato russo, la chiesa Greco Ortodossa, la chiesa Ortodossa Rumena, la chiesa Evangelica della Riconciliazione, la chiesa Avventista del Settimo giorno, la chiesa Metodista, la chiesa Anglicana.

La Carta Ecumenica di Bologna è un adattamento alla realtà locale della Carta Ecumenica europea del 2001.

Maggiori informazioni sul sito del gruppo locale di Bologna

Una stella di David e la scritta «Juden hier» (qui abita un ebreo) è stata tracciate sulla porta di casa a Mondovì di Lidia Beccaria Rolfi, deportata a Ravensbrück perché staffetta partigiana, e nel campo testimone della  Shoah, nata nel 1925 e morta nel 1996. La falsità della scritta sarebbe tale anche dal solo punto di vista descrittivo. Lidia non era ebrea e non abita certo più lì.
Non basta, è evidente, fermarsi alla descrizione. Chi imbratta tombe e ora trasforma in una specie di lapide tombale una porta di casa dà il predominio della morte e quindi all'odio.
    «Legge 20 luglio 2000, n. 211 - Istituzione del "Giorno della Memoria" in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti.

Art. 1
1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.»

  

                                                                                                                  ©Comune di Venezia

 

 In un incontro avvenuto a Ferrara il 16 gennaio scorso, Furio Colombo, alla cui opera si deve il varo della legge, ha ricordato che la data da lui originariamente proposta era il 16 ottobre, il giorno che nel 1943 vide il rastrellamento che portò alla deportazione di oltre mille degli ebrei romani. Le ragioni addotte a sostegno di quella data erano in sostanza due: ricordare la responsabilità italiana (basti pensare agli elenchi che sono serviti alla retata) e additare il silenzio di molti piccoli e grandi, fino a giungere a Pio XII. Fu Tullia Zevi (con un'operazione più accettata che condivisa da Colombo) a sostenere che la data opportuna fosse un'altra, appunto quella del 27 gennaio. I motivi erano sia di allargare lo sguardo a un orizzonte più ampio di quello italiano, sia di recepire le istanze di chi, a iniziare dai deportati politici, ad Auschwitz c'era stato pur non essendo ebreo. Si deve perciò alla più influente dei presidenti avuti finora dall'Unione delle Comunità ebraiche il fatto che il giorno sia invernale e non già autunnale. La scelta è stata opportuna per più ragioni: ha anticipato la data individuata dalle Nazioni Unite nel 2005 (risoluzione 60/7), non ha giustificato né i crimini del fascismo, né i silenzi e, senza pregiudicare la specificità della Shoah ebraica, ha consentito di farla interagire con altri orrori perpetrati dal nazifascismo, infine ha reso possibile tributare un giusto riconoscimento a chi, in varie forme, ha ostacolato la realizzazione del progetto nazista e fascista.
    Si è concordi nel sostenere che il 27 gennaio debba essere considerato non già una celebrazione bensì un impegno aperto verso l'oggi. Come si è soliti ripetere deve durare 365 giorni l'anno. L'allargamento consente maggiori riferimenti alla situazione presente e sollecita ulteriori estensioni. Nella lettera della legge non ci sarebbe, per esempio, spazio per i sinti e i rom che il nazismo ha sistematicamente sterminato. È certo tuttavia che essi sono un banco di prova esigente per il nostro presente.
    Vi sono responsabilità indubbiamente maggiori di quella relativa al modo di celebrare il giorno della memoria, anche quest'ultima è comunque una responsabilità, specie in tempi in cui l'odio è diretto sia contro i vivi sia contro i morti.

Giovedì 23 gennaio alle 11 si è celebrato nel duomo di Mestre il funerale di Maria Vingiani, fondatrice del Segretariato Attività Ecumeniche. In questo articolo trovate alcune foto della cerimonia, i testi biblici proclamati e quelli delle predicazioni di mons. Beniamino Pezziol, Vescovo di Vicenza, e di Massimo Aprile, pastore evangelico della Chiesa Battista di Milano.

Come annunciato nella lettera del presidente di cui diamo notizia nell'articolo a fianco, nella riunione del CE, avvenuta via skype sabato 28 marzo, si è deciso, a causa dell'emergenza covid, l'annullamento del convegno di primavera previsto a Camaldoli dall'1 al 3 maggio.