La preghiera ebraica che i figli  recitano per la morte dei propri genitori è il Qaddish, un testo in cui non si parla mai di morti. Non lo si recita in favore di chi ci ha lasciato, lo si pronuncia dopo di lui e in virtù del suo esserci stato: senza quella vita non ci sarebbe neppure quella dei figli. La formula ebraica per onorare un defunto è: «il suo ricordo sia in benedizione». La prima e più concreta forma di memore benedizione è la vita stessa di chi deve la propria esistenza a quella vita che ora è stata sottratta ai suoi occhi. Accanto a questo legame di figliolanza primaria, ce ne sono però tanti  altri legati a un ricordo e a una benedizione estese nelle azioni, nei comportamenti, nella presenza, negli affetti, nelle amicizie, nei gesti, negli insegnamenti, nelle parole orali o scritte. 

   Rispetto ad Amos Luzzatto, che ci ha lasciato il 9 settembre a 92 anni, il SAE rientra nell'ambito allargato fatto innanzitutto di  amicizia, parole e insegnamenti. È giusto però che il primo ricordo di questo nostro grande amico e maestro noi lo compiamo attraverso alcune parole dovute alla figlia e ai due figli. Sono righe legate alla vita (e un libro di Amos si intitola proprio così, con questa semplice, grande parola) non alla morte. Furono scritte per un numero della rivista Keshet (allora diretta da un altro, nostro grande amico, Bruno Segre) integralmente dedicato agli 80 anni di Amos.

   «Noi Alisa, Gadi e Michele (“Aligadele” in famiglia), siamo i tre figli di Amos e Laura. Talia, Daniel, Leone, Andrea e Joseph sono i cinque nipoti [...] Come le amebe - che non muoiono mai, bensì si dividono in amebe-figlie e queste in altre amebe-figlie all'infinito - Amos sostiene di essersi diviso tra i tre figli in parti congrue, non solo dal punto di vista biologico. Un pezzo di sé, dei suoi interessi, delle sue curiosità e delle sue idee è percolato in ciascuno di noi tre figli. Pur tra molte sane contaminazioni, Alisa ha ereditato la parte israeliana, Gadi quella ebraica, Michele quella scientifica. Per i nipoti c'è ancora tempo e si vedrà [...] Per tutti gli anni della nostra infanzia e della nostra adolescenza, siamo stati abituati a vedere nostro padre impegnarsi su molti fronti. La pluralità di interessi e la poliedricità di vedute sono un'altra costante di famiglia. Non era ancora l'uomo pubblico che si celebra in questa rivista. Non era ancora Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, l'intellettuale ricercato, l'autore di libri; non era ancora stato indotto dal contesto politico a vivere sotto scorta, a muoversi in continuazione di riunione in riunione, fuori e dentro i confini nazionali; non frequentava le alte istituzioni, non effettuava frequenti interventi pubblici nei giornali o in televisione con autorevolezza riconosciuta. Ma anche quando eravamo bambini Amos non è comunque mai stato un uomo ‛privato’, chiuso nell'orizzonte della famiglia e della sua vita. Dove sentiva di dare un contributo, lo dava, come avviene oggi.  Anzitutto per se stesso, perché si divertiva e gli piaceva mettersi in mostra - come è evidente per chiunque lo conosca - ma anche perché un conto è parlare delle cose che non vanno e altro è immergersi e dare fattivamente il proprio apporto, anche se l'ennesima riunione politica provinciale termina alle tre del mattino e poi alle cinque suona il telefono di casa che lo richiama per un intervento chirurgico d'urgenza in ospedale.

   I pionieri del primo insediamento in Erez Israel volevano “costruire costruendo se stessi”, e così Amos e Laura hanno costruito la coppia e la famiglia costruendo se stessi, specchiandosi l'uno nell'altra.

Amos Luzzatto 1928-2020,  il suo ricordo sia in benedizione.

vai al testo in pdf del ricordo di Piero Stefani