Invasione russa – Chiese ortodosse ucraine

Nel mese di marzo si manifesta chiaramente in Ucraina la condanna dell’invasione russa del paese, iniziata il 24 febbraio, anche da parte della filo-russa Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca (UOC-MP). Dopo che il 28 febbraio il suo Santo Sinodo in un Messaggio al popolo aveva preso posizione senza mezzi termini, chiedendo tra l’altro al patriarca di Mosca Cirillo d’intercedere presso il governo russo per un’interruzione immediata delle ostilità, il 1° marzo il metropolita Onofrio, capo della UOC-MP afferma che una tale guerra «non ha alcuna giustificazione né da parte di Dio né da parte degli uomini». Nei giorni successivi sono una quindicina i vescovi che autorizzano il clero a non ricordare il nome del patriarca Cirillo durante la liturgia, gesto che significa un’interruzione della comunione ecclesiale. Nel mese di marzo 65 parrocchie decidono di trasferirsi dalla giurisdizione dell’UOC-MP a quella della Chiesa «nazionale» autocefala, la Chiesa ortodossa d’Ucraina (OCU), dopo che negli ultimi due anni vi era stata una stabilizzazione di questo tipo di passaggi. L’Unione dei giornalisti ortodossi, vicina all’UOC-MP, denuncia invece episodi d’appropriazione di chiese e beni da parte dell’OCU, e dà notizia di una manovra che sarebbe in atto per portare direttamente sotto la giurisdizione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli le parrocchie dell’UOC-MP che non vogliono passare all’OCU, che considerano «scismatica». L’approvazione di un decreto urgente per nazionalizzare i beni dell’UOC-MP, sostenuto dall’OCU, viene sospesa dal governo per non creare divisioni all’interno della società ucraina.

CEC e KEK – Guerra in Ucraina

In una lettera al patriarca ortodosso russo Cirillo, il 2 marzo, il segretario generale ad interim del Consiglio ecumenico delle Chiese (CEC) Ioan Sauca (ortodosso lui stesso) gli chiede di mediare perché la guerra tra Russia e Ucraina sia interrotta. La Chiesa ortodossa russa è membro del CEC dal 1961. Nella sua risposta del 10 marzo Cirillo esprime la sua speranza che «anche in questi tempi difficili, com’è stato per tutta la sua storia, il CEC possa rimanere una piattaforma di dialogo imparziale, libera da preferenze politiche e da un approccio unilaterale». Il CEC si trova sotto pressione da varie parti, tra cui l’ex arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, perché espella la Chiesa ortodossa russa per l’appoggio all’invasione russa e per aver coinvolto la Chiesa nelle trame politiche del presidente Putin. Anche il presidente della Conferenza delle Chiese europee (KEK), Christian Krieger, il 4 marzo scrive al patriarca Cirillo chiedendogli d’appellarsi al presidente Putin per porre fine alla guerra «e tornare sulla via del dialogo diplomatico e dell’ordine internazionale». La KEK è composta da circa 130 Chiese ortodosse, anglicane, vecchiocattoliche, luterane, riformate, unite e metodiste in Europa, e fino al 2008 ne faceva parte anche la Chiesa ortodossa russa.

Ucraina – La Chiesa ortodossa russa allineata con Putin

Dopo l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio da parte dell’esercito russo, nonostante i molti appelli giunti al patriarca di Mosca a prendere posizione contro la guerra, il lungo silenzio di Cirillo viene interrotto solo il 6 marzo, con un’omelia volta invece a giustificare l’aggressione russa come una guerra contro la peccaminosa civiltà occidentale. Si fa notare, di contro, la posizione più defilata del numero due del Patriarcato, il metropolita Hilarion di Volokolamsk, impegnato nell’organizzazione dell’incontro tra papa Francesco e Cirillo. Il 10 aprile è lo stesso Hilarion ad affermare, in una trasmissione televisiva del canale Russia24, che l’incontro avverrà in Medio Oriente. Incrociando le date dei viaggi del papa si ipotizza che sarà a Gerusalemme il 15 giugno.

Ucraina – Cirillo di Mosca incontra Francesco e l’arcivescovo di Canterbury

Il 16 marzo il patriarca di Mosca Cirillo fa due video telefonate sul tema della guerra in Ucraina, una con papa Francesco e l’altra con il primate della Comunione anglicana, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby. Sulla prima, un comunicato del Patriarcato di Mosca afferma che nel colloquio «è stata data un’attenzione speciale agli aspetti umanitari dell’attuale crisi e le azioni della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa cattolica romana per superarne le conseguenze. Le parti hanno sottolineato l’importanza eccezionale del processo negoziale in corso, esprimendo la speranza che si possa raggiungere il prima possibile una pace giusta». Il comunicato della Santa Sede (L’Osservatore romano 17.3.2022, 1) aggiunge altri due aspetti, sottaciuti da quello di Mosca: che il papa e il patriarca hanno convenuto sul fatto che «la Chiesa (…) non deve usare la lingua della politica, ma il linguaggio di Gesù» e che «le Chiese sono chiamate a contribuire a rafforzare la pace e la giustizia». Sull’incontro con l’arcivescovo di Canterbury il comunicato della Chiesa ortodossa russa dice: «Sua santità il patriarca Cirillo (…) ha sottolineato in particolare che ogni persona dovrebbe avere il diritto di confessare liberamente la propria fede e parlare la propria lingua madre senza essere soggetto a persecuzioni politiche per questo», ribadendo quindi la giustificazione del governo russo all’invasione dell’Ucraina.

Ucraina – Chiese ortodosse

La guerra russo-ucraina sconvolge gli equilibri già precari tra le Chiese ortodosse, che si schierano con l’una o l’altra parte. Rimangono «neutrali», anche se la mancata condanna dell’invasione viene generalmente percepita come una posizione favorevole alla Russia: le Chiese di Antiochia, Gerusalemme, Serbia, Bulgaria, Polonia, Cechia e Slovacchia. I seguenti patriarcati e Chiese invece esprimono dichiarazioni interpretabili come critiche nei confronti della Russia: Patriarcato Ecumenico, Alessandria (cioè Africa), Romania, Georgia, Cipro, Grecia, Albania, Chiesa ortodossa in America; e anche alcune Chiese sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca, come la UOC-MP, le metropolie di Lettonia e Lituania e l’arcidiocesi delle Chiese ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale.

Daniela Sala