Riportiamo alcuni messaggi che sono circolati nel SAE in questi giorni e che esprimono il legame che ci tiene uniti anche in questi tempi così difficili

[da Reggio Calabria]
Caro Piero, care amiche e cari amici del SAE di tutta Italia,
un semplice saluto, un ciao dato con la mano a un metro di distanza.
Ma soprattutto un grazie a questo SAE di cui faccio parte con gioia e orgoglio.
Per me umbra, in questa terra (RC) in cui mi sento ancora forestiera, dove non ho parenti,
ho voi, amici lontani e vicini, a cui mi sento legata per idealità, per sentimenti, per comunione di intenti, per prospettive di vita.
Solo questo oggi voglio dirvi, che sto bene e che prego per la salute di tutte le persone a cui sono legata.
Il Signore ci darà modo, coi suoi tempi, di incontrarci ancora, di condividere la stessa mensa l’uno accanto all’altra.
Auguri per tutti e per tutto.
Ecumenicamente, Gigliola Pedullà (SAE Reggio Calabria)
[da Bergamo]
Care amiche e cari amici del SAE,
apprezzo molto le parole di Gigliola che ci ricordano di far parte di una grande famiglia, il SAE.
Mi trovo a Bergamo da mia figlia e sento le continue sirene delle ambulanze che rompono il silenzio della città. Ho saputo che le salme sono lasciate nelle chiese per mancanza di altro spazio ed i funerali sono molto frequenti.
È necessario unirsi spiritualmente in preghiera. Chiedo a Piero, se possibile di organizzare uno spazio di condivisione virtuale, un videomessaggio per sentirci vicini nell’affrontare questi momenti difficili. Non so se ciò che chiedo sia realmente attuabile perché non ho particolare conoscenza dei mezzi della tecnica. L’idea mi è venuta perché partecipo alla messa in streaming di papa Francesco ed all’incontro con Massimo Aprile e Anna Maffei, che commentano giornalmente un brano biblico.  
Un abbraccio ecumenico, Daniela (SAE di Messina)
[da Milano]
Cara Gigliola, care amiche e cari amici.
Grazie di queste parole e di richiamarci allo spirito di condivisione che da sempre ci contraddistingue come Sae. Sento molto questa dimensione che è spirituale prima ancora che fisica.

… I pensieri poi si accavallano e corrono a chi si ammala o a chi non può stare accanto ai congiunti che si ammalano o addirittura muoiono. Ma vanno anche al nostro povero Paese, alla sua economia che sta mettendo in ginocchio tanti onesti lavoratori: sotto casa mia, c'è un bar gestito da una coppia molto simpatica di origine ucraina: moglie e marito, due grandi lavoratori. Avevano le lacrime agli occhi perché hanno dovuto chiudere. Per la salute si fa tutto, mi hanno detto, ma per noi ne va della nostra sopravvivenza...

Ho appena letto sul Sito di Tiscali notizia che contrappone le decisioni italiane a quelle britanniche parlando di cattolici contro protestanti.....
I titoli ad effetto spesso rivelano una mentalità ancora radicata e dalla quale non riusciamo a schiodarci, così come accade per tutti i razzismi, di genere e di fede, che ci ricordano quanto lavoro c'è da fare ancora.
Noi del Sae, per quanto in piccolo, siamo uno spazio di dialogo e confronto sano e accogliente che non possiamo non riconoscere come un grande dono del Signore. Una responsabilità enorme ma anche una grande gioia che ci spinge a sentirci prossimi tra di noi e con tutte le altre persone che ci circondano anche se lontane.

Insomma, scusate, non volevo dilungarmi tanto ma mi piace parlare con voi immaginando il volto di ciascuna e ciascuno e pensando anche a quale sarebbe la reazione a un certo argomento... e mi viene un sorriso, di cui vi ringrazio...

Noi del CE, con Piero, stiamo continuando a lavorare per il Sae, la preparazione della Sessione è praticamente ultimata e quindi guardiamo al futuro con fiducia…

Ora chiudo, mandandovi il mio personale saluto ma anche quello di Riccardo, mio marito, e penso di poter unire quello di tutto il CE.
Che il Signore ci dia la forza di non cedere al pessimismo, ci aiuti a guardare avanti con fiducia, ci doni la capacità di essere veramente misericordiosi
un abbraccio virtuale ma pieno di sincero affetto
Donatella, (CE SAE)
[da Ferrara]
Care, cari,
nella storia interna del Sae ci si è rifatti tante volte a una prospettiva che è più grande di noi, è la visione che parla di "segni dei tempi". Quando poi ci si trova in un momento che sembra avere tutte le caratteristiche di essere "segno", ci è in realtà quasi impossibile riuscire ad applicare in modo sensato questa categoria. Non è la prima volta che ciò accade, ma è la prima volta che accade una situazione, sempre più globale, come quella di queste settimane passate e prossime venture. Siamo disorientati, come tutti, come le chiese, come le religioni che non sanno cosa dire, e si limitano a ripetere parole per molti versi scontate o persino usurate o al più progongono (non di rado in modo poco convincente) "cure palliative" spirituali. Forse per cominciare un percorso nuovo bisognerà partire proprio da questo senso di povertà e di vedovanza. Siamo in un prolungato "sabato santo", ma prima di noi vi è stato il nostro Signore Gesù Cristo.
Vi ringrazio tutte e tutti, ciascuna e ciascuno per le vostre parole e ancor di più per i vostri cuori.
Che il Signore vi benedica e vi custodisca
Piero, (presidente del SAE)

 

Riportiamo di seguito uno stralcio dell’intervista di NEV a Massimo Aprile sulle preoccupazioni e l'angoscia vissute in questi giorni (Fonte NEV 12.03.2020)

Ermeneutica del coronavirus. Antidoti teologici contro la paura

 …Infine, pastore Aprile, c’è una lezione o un insegnamento che vuole comunicare a credenti e non credenti?

Questa domanda è proprio una tentazione rispetto a quello che ho appena detto. C’è il rischio di dire troppo e di cadere nell’insipienza. Avvertito il lettore, azzardo una risposta “per me”. E’ la mia risposta. Non ha pretesa di oggettività.

Mi sono chiesto se quel che stiamo vivendo non possa essere percepito come una prova generale di una futura e oramai sempre più possibile crisi climatica.

I confini si sgretolano. Le ideologie dell'”America first”, o “prima gli Italiani”, se preferite, si dimostrano false. Il globo è veramente divenuto un villaggio. Si vince o si perde insieme e non a discapito degli altri. Una prova generale, dalla quale se usciremo più saggi, potremo trarre motivi per riflettere e mettere mano alla trasformazione di un modello di sviluppo che il pianeta non è più in grado di reggere. Qualcuno ha detto: “Se il pianeta ha la febbre, allora il virus potremmo essere noi”. Questa è la mia ermeneutica del coronavirus: una grande lezione per rivedere economia, ecologia, il nostro modo di alimentarci, di lavorare, di consumare e anche di essere credenti.

Io pure stendo il mio striscione virtuale con l’arcobaleno e con la scritta “Ce la faremo”. Ma vi aggiungo una condizione. “Ce la faremo se sapremo tirare fuori da noi stessi il meglio di ciò che vi è stato posto: un tesoro in vasi di terra”.