28 luglio 2015

La mattina di lunedì 27 luglio 2015  i lavori della Sessione, intitolata In cammino verso un nuovo ecumenismo, cominciano a pieno ritmo.

Si aprono con la preghiera e la meditazione di Genesi 18,1-16.

Miriam Camerini, che doveva guidarla, non avendo potuto essere presente, l'ha inviata con una lettera che è stata letta.

 La presidente Marianita Montresor legge alcuni messaggi di saluto pervenuti da varie personalità fra i quali, come sempre, è arrivato molto gradito quello della fondatrice Maria Vingiani.

 

Quanto al sottotitolo Va' e non peccare più, che potrebbe apparire stravagante, ha detto:

      "Che cosa ha a che vedere questo versetto biblico con l'ecumenismo? Vuole essere uno stimolo a prendere coscienza, dall’interno, di qualcosa che in fondo sappiamo bene, ma che spesso rischiamo di sottovalutare. E cioè il fatto che il peccato della divisione, il motivo stesso che ha dato origine al movimento ecumenico nel XXI secolo, è Il peccato, il peccato per antonomasia; sconfessa infatti l’essere stesso di Dio, nega lo scopo ultimo dell’incarnazione di Cristo, l’essenza propria della salvezza, che consiste per i cristiani nell’essere stabilmente in Cristo, uno col Padre per mezzo del Figlio. Cristo è forse diviso? ci ammonisce San Paolo...

Ma nessuna unità in Cristo è davvero possibile dove regna la divisione tra fratelli! Non è forse questo il più grande male, l’opera più insidiosa di colui che la tradizione biblica chiama appunto il divisore? Noi lo sappiamo bene, eppure siamo facilmente “tentati” (è proprio il caso di dirlo!) di considerare peccati più gravi innanzitutto le colpe che attengono alla vita personale - e, forse, in particolare, sessuale - per una lunga tradizione sociale ed ecclesiale dura a morire. Siamo tentati invece di sottovalutare il peso che, anche oggi, comportano le nostre divisioni, oscillando tra la tentazione talora di non vedere gli ostacoli ancora presenti, talora di enfatizzarli, riducendo tutto a problematiche teologiche, che esulano dalle nostre competenze e possibilità di soluzione. Finiamo così, di fatto, col non farcene carico realmente. L’ecumenismo ha invece a che fare direttamente con la vita di ogni cristiano/a che voglia essere tale.

Va e non peccare più... solo l'incontro col Signore, che resta solo con noi, ci giustifica e ci riempie di gratitudine per il suo amore".

 

Alla domanda “Dove sta andando l’ecumenismo?” hanno iniziato a rispondere Tecle Vetrali (preside emerito Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino, Venezia) e Carmine Napolitano (preside Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose, Aversa) nell’incontro moderato da Brunetto Salvarani.

mo?” hanno risposto Tecle Vetrali (preside emerito Istituto di Studi Ecumenici San Bernardino, Venezia) e Carmine Napolitano (preside Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose, Aversa) nell’incontro moderato da Brunetto Salvarani.

Impossibile, spiega Vetrali, dare una risposta puntuale all’interrogativo del titolo, sia perché esistono le risposte più disparate, sia perché non sono individuati i parametri per esprimere un giudizio sull’esistenza ed entità del cammino ecumenico.

La sua premessa illustra alcune immagini prese dal vissuto sulla situazione dell’ecumenismo.

Un primo punto, dal titolo Un dinamismo verso un punto di arrivo, partendo da conosciuti riferimenti biblici (Gv 17,23; Ef 4,13), evidenzia che l’unità non è una situazione statica da programmare e stabilire, ma un continuo movimento di tensione verso l’unità in Dio.

Un secondo punto, dal titolo Verso un “nuovo ecumenismo”?, ricorda che per capire che cosa è unità bisogna riscoprire la vera identità di chiesa, non riducibile alla sua visibilità e struttura, ma partendo dal paradigma dell’incarnazione.

Ne risulta, in un terzo punto, intitolato Vivere l’unità, che l’unità non è riducibile a un accordo fra le chiese, ma è il frutto dell’azione dello Spirito Santo che deve caratterizzare la vita interna di tutte le chiese. Un quarto punto, dal titolo Ripartire dal vissuto: una spiritualità ecumenica, ricorda che il punto di partenza del cammino che porta all’unità è la spiritualità ecumenica, che significa semplicemente: “spiritualità cristiana”. Il quinto punto, conclusivo, intitolato Uno stile di vita, specifica due aspetti fondamentali della spiritualità ecumenica: l’animo povero e lo spirito di dialogo. La conclusione sottolinea che la speranza nell’unità è solidamente fondata, perché non si basa sulle nostre strategie, ma nell’opera dello Spirito Santo.

 Per Napolitano chiedere ad un pentecostale: dove sta andando l'ecumenismo? equivale a chiedergli di rispondere ad una domanda che i pentecostali spesso pongono al movimento ecumenico, Il che è lo stesso che chiedergli: cosa è per un pentecostale l'ecumenismo? Da questo punto di vista le questioni da porre sul tavolo sono molte e non facili. Nell’immaginare un nuovo ecumenismo si deve prendere sempre più coscienza del fatto che il cristianesimo e forse non solo esso si sta rapidamente trasformando; uno dei fattori rilevanti di questo cambiamento consiste in quello che alcuni studiosi definiscono la ‘pentecostalizzazione’ del cristianesimo. Un’espressione un po’ ostica sul piano linguistico, ma usata per indicare una tendenza che sembra diventare più accentuata e in costante crescita. Spesso si è anche scritto e parlato della spiritualità pentecostale come di una ‘sfida’ al dialogo ecumenico; forse questo tipo di definizioni non è appropriato, ma se si considera il pentecostalesimo una sfida all’ecumenismo evidentemente si parte dal presupposto che la convergenza non è facile; di certo la rilevanza numerica dei movimenti pentecostali e carismatici a livello mondiale e la particolarità della loro proposta teologica non consentono più di sottovalutare l’impatto che essi hanno sull’intero mondo cristiano con tutte ciò che ne consegue. È necessario che il movimento ecumenico prenda atto del fatto che il cristianesimo pentecostale e quello più ampiamente carismatico interpretano un’esigenza fondamentale e cioè che la fede cristiana non può ridursi ad essere solo elaborazione teologica e dialogo prevalentemente intellettuale; essa vuole essere elaborata, vissuta e goduta attraverso una pluralità di registri e di proposte spirituali che devono essere integrati nel più ampio quadro della tradizione cristiana. Questi due fenomeni che in modo diverso e indipendentemente l’uno dall’altro hanno molto caratterizzato la storia del cristianesimo del XX secolo, dovranno necessariamente chiedersi come rapportarsi l’uno con l’altro nel XXI secolo. 

È seguito un ampio, appassionato dibattito.