49ma Sessione di Formazione Ecumenica

                          Un dialogo ecumenico sull’etica sociale

                                                             Istituti Filippin

                                                             Paderno del Grappa (TV)

                                                          22 - 28 luglio 2012

Lunedì mattina 23 luglio alle ore 8,30 prenderà ufficialmente il via la 49ma Sessione di Formazione Ecumenica estiva del Segretariato Attività Ecumeniche SAE  (23-29 luglio), - la principale iniziativa pubblica del SAE a livello nazionale - presso gli Istituti Filippin di Paderno del Grappa (TV) con il saluto del Presidente nazionale uscente Mario Gnocchi.

Il significato e la fecondità della sessione, oltre che nella varietà e nella ricchezza dei suoi contenuti, sta nell’esperienza di un ecumenismo vissuto nella relazione personale. 

Evento tra i più significativi del dialogo ecumenico in Italia, la sessione del SAE è un incontro nazionale di credenti delle diverse chiese uniti nel cercare strade per una società vivibile. Il convegno sull’etica sociale prende le mosse da un versetto del profeta Geremia e si rivela occasione preziosa per conoscere un volto limpido dell’ecumenismo, fatto di dialogo e di confronto su temi scottanti, di ascolto della Parola e di preghiera in comune, di semplice e lieta fraternità.

La sessione a Nord-Est è - dopo diverse sessioni tenute a Chianciano,  - quasi un ritorno a casa, in una zona che ha regalato molti testimoni al dialogo ecumenico – la fondatrice del SAE Maria Vingiani, mons. Luigi Sartori, don Germano Pattaro, il pastore valdese Renzo Bertalot … - e ricco anche oggi di voci aperte.

“Praticate il diritto e la giustizia. Un dialogo sull’etica sociale” è tema di cui gli ultimi anni hanno evidenziato tutta la rilevanza per il nostro quotidiano. Sono sotto gli occhi di tutti le gravi conseguenze di una società disattenta alla giustizia e occorre ripensare il modello di sviluppo. Urgono prospettive sociali nel segno dell’equità, della sostenibilità e dell’attenzione ai diritti di tutti, a partire dai più svantaggiati, per dare linfa alle istanze di giustizia che salgono dai nuovi bassifondi della storia. Per questo serve un dialogo rispettoso e insieme determinato nel ricercare giustizia: giàla Gaudiumet Spes invitava ad avere con tutti un “dialogo ispirato dal solo amore della Verità”, per la “costruzione del mondo nella vera pace” (n.92).

Il Sae è associazione laica ed interconfessionale, fondata negli anni del Concilio da Maria Vingiani - incoraggiata da Papa Giovanni -, per promuovere dialogo e confronto tra le diverse comunità cristiane. L’associazione conta oggi oltre 500 soci in tutta Italia impegnati nella promozione del dialogo ecumenico a partire da quello ebraico-cristiano, nel più ampio orizzonte interreligioso. All’attività dei gruppi presenti nelle principali città italiane, affianca ogni anno un incontro nazionale di approfondimento, per imparare l’ascolto rispettoso delle diversità, l’accoglienza reciproca, il confronto costruttivo.

È ciò che si cercherà a Paderno, negli interventi dei relatori, nei gruppi di discussione, nell’ascolto della Parola e nell’invocazione dello Spirito perché illumini la ricerca. Né mancheranno momenti più lievi, con attenzione al cinema ed un momento teatrale, curato dall’associazione veneziana “Ilventointasca”, mentre spazi appositi sono riservati ai giovani ed ai più piccoli. 

Questa mattina -23 luglio,  ha preso ufficialmente il via la 49ma Sessione di Formazione Ecumenica con l’introduzione del Presidente nazionale uscente  Mario Gnocchi.

Fra gli indirizzi di saluto Gnocchi ha letto la lettera del vescovo di Treviso Gianfranco Agostino Gardin nella quale esprimeva stima e gratitudine nei confronti del SAE, che, “grazie all’appassionata intuizione e instancabile intraprendenza di Maria Vingiani, da anni rende viva in Italia un’attenzione all’ecumenismo e al dialogo, in particolare ebraico-cristiano, che altrimenti avrebbe rischiato di rimanere talmente flebile da apparire di fatto inesistente” .Monsignor Gardin  ha ricordato il compianto don Luigi Sartori, che ha avuto “la fortuna di frequentare a lungo”.

Dopo la presentazione i lavorisono proseguiti con l’intervento di Anna Urbani: In Veneto alle sorgenti ecumeniche e le relazioni di Alberto Bondolfi e Paolo Naso: Pensare eticamente la società...in un mondo interculturale. 

“Nella sessione dell’anno scorso - ha esordito Gnocchi -  è risonata più volte, in relazioni diverse e non preventivamente concordate, una parola di Dietrich Bonhoeffer: «La nostra Chiesa, che in questi anni ha lottato solo per la propria sopravvivenza, come fosse fine a se stessa, è incapace di essere portatrice per gli uomini e per il mondo della parola che riconcilia e redime. Perciò le parole d’un tempo devono perdere la loro forza e ammutolire, e il nostro essere cristiani oggi consisterà solo in due cose: nel pregare e nell’operare ciò che è giusto tra gli uomini. Il pensare, il parlare e l’organizzare, per ciò che riguarda le realtà del cristianesimo, devono rinascere da questo pregare e da questo operare».

Credo che questa duplice indicazione possa delineare le coordinate entro cui vorremmo collocarci anche per questa nuova sessione, che sviluppa il tema etico in continuità con quella dell’anno scorso: da una parte la preghiera, cioè la relazione a Dio, dall’altra il richiamo a pratiche di giustizia, nella relazione con gli uomini e le donne che condividono con noi la sorte e il destino di questo mondo. E appunto sull’imperativo della giustizia, rivolto da Dio al popolo per bocca del profeta, è modulato il tema di questo secondo momento di dialogo sull’etica, concentrato sulla sua dimensione sociale e civile. “Praticate il diritto e la giustizia”: parole che ritornano più volte nelle pagine della Bibbia, a indicare il metro su cui si misura la fedeltà del popolo alla parola e al volere di Dio, perché Dio – dice il salmo 32 – “ama il diritto e la giustizia”. Parole antiche, ma che ci raggiungono inalterate nel nostro presente e non cessano di indicarci la via per un futuro umanamente vivibile”.

Per cogliere la loro attualità, anzi “la loro bruciante urgenza basta guardarci intorno, basta non chiudere occhi e orecchi alle notizie che quotidianamente ci investono, basta un po’ di empatia. E se il nostro sguardo è limpido e il nostro animo aperto alla verità, non fatichiamo a riconoscere che si tratta di un male serpeggiante nelle fibre profonde dell’organismo sociale, che ci lambisce e può insinuarsi anche nelle nostre vene”.

«L’inferno dei viventi», scrive Calvino  concludendo Le città invisibili, «non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».

È, detto in altro linguaggio e con altro spirito, l’«operare ciò che è giusto tra gli uomini» di cui parlava Bonhoeffer. Un operare che non di rado è posto innanzi a situazioni drammatiche ed esige il prezzo di scelte eroiche, ma che si esprime anche in atti meno eccezionali, nell’umile e costante testimonianza di tanti uomini e donne che nel loro vivere quotidiano riconoscono la presenza e il diritto dell’altro, e si fanno solidalmente carico dei suoi bisogni e delle sue speranze. Un operare consapevole di non essere in grado di sanare completamente, e una volta per tutte, le piaghe del vivere sociale, ma altrettanto consapevole che solo in virtù di questi sforzi pazienti e tenaci il mondo non precipita nell’«inferno dei viventi».

Per chi vive nelle fede di Gesù Cristo, in questi umani sforzi è presente e operante l’amore del Dio che si è fatto carne, il suo Spirito che geme nel travaglio dell’umanità e della creazione, e perciò ogni seme di giustizia gettato nei solchi del tempo e della storia è destinato a germinare nella luce della risurrezione. Ma questa fede e questa speranza non sottraggono all’oscurità e all’incertezza dell’agire storico, anzi sono in esso poste a dura prova, e possono resistere solo attingendo sempre nuova forza da quello stesso Spirito che viene in aiuto alla nostra debolezza.

Tra questi due poli – libero affidamento a Dio, da una parte, e solidale presenza sulle strade del mondo, accanto a tutti i viandanti che soffrono e sperano, dall’altra – si disegna dunque l’orizzonte ideale e spirituale entro cui vorremmo si orientasse la nostra vita cristiana e si muovessero le nostre chiese, liberandosi da quella eccessiva preoccupazione della «propria sopravvivenza, come fossero fine a sé stesse» di cui parlava Bonhoeffer, e allargando lo sguardo oltre le puntigliose dispute dottrinali e istituzionali in cui sembrano incagliate. Solo così potranno tornare ad essere «portatrici per gli uomini e per il mondo della parola che riconcilia e redime»; solo così potranno ritrovarsi unite in una comune missione.

Speriamo, intanto, di vivere in questo spirito questa nostra settimana”.

 

Non mi dilungo nell’illustrazione del programma: credo che la scansione del tema generale negli argomenti delle singole giornate ne offra già una visione abbastanza chiara. Se da una parte si terrà presente la dimensione storica, riservando un momento alla considerazione del posto e dello sviluppo che l’etica sociale ha avuto nelle tradizioni confessionali, dall’altra si volgerà l’attenzione ad alcune delle questioni cruciali della realtà presente, dalla legalità all’economia e al lavoro, dall’interculturalità alla cittadinanza. Questo nelle relazioni generali; nei gruppi di studio, poi, si parlerà di responsabilità politica e di stili di vita, della condizione delle donne e del futuro dei giovani.

L’offerta dei gruppi di studio – che, per altro, saranno direttamente presentati questo pomeriggio – sarà anche più ampia: un cenno particolare meritano il primo e l’ottavo. Il primo per il confronto ebraico-cristiano che proporrà nel commento alle “dieci parole” della Torah; l’ottavo per il suo carattere di laboratorio teatrale, che risponde al desiderio, più volte espresso, di sperimentare diversi linguaggi.

Modulazione di fondo, «cantus firmus» delle nostre giornate vorremmo che fossero, come sempre, il culto, la preghiera, la meditazione della parola di Dio. A questo proposito segnalo la piccola ma speriamo fruttuosa innovazione che abbiamo introdotto per la mattinata di mercoledì, nell’intento di coinvolgere attivamente nella meditazione biblica – che nell’occasione sarà sulle Beatitudini di Luca – tutti i presenti, distribuiti in piccoli gruppi. In chiave biblica sarà infine, sabato, la relazione conclusiva di Paolo Ricca, che nel segno della giustizia rifletterà sul rapporto tra la città dell’uomo e il giardino della creazione.

Sia per le relazioni generali sia per i gruppo di studio, anche quest’anno alla folta schiera – e vorrei dire alla grande famiglia – degli amici e collaboratori che da tempo accompagnano e sostengono il nostro cammino vengono ad aggiungersi numerose nuove presenze. Quest’anno, anzi, l’elenco dei nomi mi pare particolarmente nutrito e significativo: Gherardo Colombo e Holger Milkau, Evangelos Yfantidis e Lorenzo Biagi, Ouejdane Mejri e William Jourdan, Ingrid Pfrommer e Francesca Litigio, Lubna Ammoine, Margherita Pasini e Margherita Brondino. Non so se debba comprendere in questo elenco Giovanni Bachelet e Debora Spini, perché è sì la prima volta che li incontriamo qui come relatori, ma ne ricordiamo la presenza alle sessioni quand’erano giovanissimi o addirittura – penso a Debora – adolescenti. Così come Beniamino Pizziol, che domani sarà con noi come vescovo nella celebrazione dell’Eucaristia, come semplice prete ha già fatto esperienza del SAE a una sessione della Mendola.

Senza il loro generoso contributo il SAE non potrebbe adempiere il proprio impegno e dar voce alla propria testimonianza ecumenica. Una testimonianza che, alla soglia del mezzo secolo di storia, si trova ora innanzi agli interrogativi e alle incertezze di un futuro non facile; ma, comunque venga a configurarsi questo futuro, quali che siano le nuove situazioni e i nuovi problemi che si dovranno affrontare, quali, infine, le scelte che si imporranno, io credo che le esperienze acquisite, le risorse spirituali tuttora presenti, le attese e le speranze raccolte e nutrite lungo il cammino, le relazioni personali nate e cresciute nel comune operare, non possano rimanere infeconde. La gratuità che ha sempre contraddistinto il nostro impegno ci sgombra l’animo da ansiose einteressate preoccupazioni. Possiamo andare incontro al domani con cuore libero e mani aperte, disposti a rispondere attivamente a tutto quello che ancora ci verrà richiesto e ci sarà possibile, ma consci del nostro limite, della nostra fragilità, della nostra provvisorietà. Consci, soprattutto, che “ è Dio che fa crescere”.  Con questa certezza, e con la coscienza d’essere operai provvisori (il vangelo di Luca usa un termine più pesante) andiamo senza presunzione, ma anche senza ansietà, incontro al futuro che ci attende”.

Ha quindi salutato e presentato la neo Presidente Marianita Montresor, accolta da un lungo, affettuoso applauso dei convegnisti.

 

 In Veneto, alle sorgenti ecumeniche è stato il tema affrontato da Anna Urbani (Responsabile Gruppo SAE di Venezia), cheha percorso la storia del movimento. L’immagine della sorgente, cioè di una fonte di acqua fresca e sempre nuova, che compie ciò per cui viene mandata e che, per essere efficace, deve raggiungere tutti e tutte, è l’occasione per non dimenticare che il Veneto è stato uno dei  luoghi importanti nei quali è maturata la passione per l’unità delle chiese  e il dialogo.

Venezia - ha sottolineato - è la città del patriarca Roncalli, poi diventato papa Giovanni  XXIII, il papa del Concilio Vaticano II. E’ la città di Maria Vingiani, fondatrice e animatrice instancabile del Segretariato Attività Ecumeniche da più di mezzo secolo. E’ la città di don Germano Pattaro e del pastore Renzo Bertalot e del loro incontro a causa dei problemi legati ai matrimoni misti. E’ la città di Amos e Laura Luzzatto, presenti anche quest’anno, amici e maestri per tanti e tante.  Padova è la città di don Luigi Sartori, teologo rigoroso e interessato a farsi capire da tutti.  Belluno è la città di don Emilio Zanetti, che si occupò di catechesi ecumenica. Trieste è la città del pastore Fanlo e Verona del pastore Bertinat, che ci hanno guidato per molti anni nei gruppi di studio.

Senza la pretesa di aver nominato tutti e tutte, ascoltiamo ciò che alcuni di loro dicono sull’ecumenismo e il dialogo, e ricordiamo il ruolo che hanno nella trasmissione di questa eredità di conoscenza reciproca e di dialogo.

Ricordare, non dimenticare, fare memoria è come sgranare dei “fasioi” (fagioli, ndr),  distinguendo“quei boni, ciari e sani” (buoni, chiari, sani, ndr), come “memorie care da conservar” (Kelippòt, Laura Voghera Luzzatto).

Dopo alcuni anni che la sessione di formazione ecumenica del Sae si teneva a Chianciano, in Toscana, ora torna in Veneto. “Ricordare le nostre sorgenti, cioè da dove veniamo, - ha concluso Anna Urbani -  ha sempre a che fare anche con il nostro presente e soprattutto con il nostro futuro, ovunque saremo”.  

 

 Alberto Bondolfi (Direttore del Centro Sc. Rel. Fondaz. Kessler – Trento)  ha fatto un discorso introduttivo alla Sessione di tipo storico. Egli ha messo in evidenza come i testi biblici, in particolare quelli neotestamentari, non abbiano la pretesa di formulare un’etica che inglobi tutta le società di quel tempo. Le indicazioni etiche ritrovabili in tali testi - ha fatto notare - vogliono solo preservare le prime comunità al seguito di Gesù da tendenze presenti in esse: quella di “impazienti” che ritengono che il ritorno imminente di Cristo legittimi una loro “fuga” dai doveri di questo mondo, come pagare le tasse o adempiere ai doveri familiari. Le generazioni seguenti, persa l’attesa imminente del ritorno del Signore, si sono adattate alle strutture sociali esistenti, accettando l’impero romano e le sue strutture. Con Costantino i cristiani fanno propria l’eredità dell’impero romano e installano il cristianesimo come religione ufficiale. Il Medioevo, pur recependo la cultura aristotelica, formula un’etica politica e sociale in cui non si problematizza la “cristianità”, ma al massimo solo il rapporto tra impero e papato. All’inizio della modernità la cristianità d’occidente si spacca e le sensibilità etiche nei confronti delle società nazionali di quel tempo si differenziano. Le sfide dell’industrializzazione portano le chiese cristiane a formulare “dottrine sociali” contrapposte sia al liberalismo più selvaggio che ai vari socialismi. Questa “terza via” si è rivelata comunque abbastanza fallimentare sia sul piano teorico che in quello delle realizzazioni pratiche. Il momento presente vede le Chiese davanti alle sfide della complessità delle società immerse nei meccanismi della globalizzazione. Bondolfi ha postulato la necessità di rinunciare alla proposta di un sistema etico proprio alle comunità cristiane, e di concentrarsi su alcune specificità teologiche come la preferenza per i più poveri e la tensione escatologica.  

 

Paolo Naso (Docente Università Roma 3), studioso di scienze sociali, ha parlato su situazioni di stringente attualità. È l’”altro” che diventa portatore di inquietudine, “nemico-amico nello stesso tempo” (Bauman), e che ci sfida su di un piano nuovo. A porre domande provocatorie e spiazzanti è spesso uno “straniero”. 

Sui temi dell’etica “c’è scontro caldissimo all’arma bianca”. Egli si è proposto di mappare soluzioni ai problemi scottanti” – sull’”autostrada” spianata dalla relazione precedente. Dell’etica – ha affermato – si deve discutere nella società nel suo complesso, nello spazio pubblico”. Ogni discussione privatistica è assolutamente superata. Nella fondata consapevolezza che “negoziando, le soluzioni si trovano”. 

La testimonianza di Gherardo Colombo (ex magistrato - Milano) ha segnato il pomeriggio di lunedì 23 luglio. Egli ha presentato alcuni articoli della Costituzione, leggendoli in controluce nella realtà di oggi, nella distanza di tanta parte della società, anzitutto giovanile, ma non solo, dalla legalità vissuta come luogo e spazio di libertà. Egli ha sottolineato in particolare il primo articolo, per cui ‘l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro’ e l’art. 3 per il quale ‘Tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge’ senza alcuna distinzione . Anche nell’educazione – ha detto riferendosi al suo nuovo impegno nella scuola – “i mezzi devono essere coerenti con il fine”. Abbiamo i mezzi per indirizzare il corso della storia, e, nonostante tutto l’umanità non è mai stata tanto libera come oggi. Solo siamo un po’ pigri e un po’ pavidi, avendo strumenti e possibilità di cambiamento come mai si è data opportunità in passato.

Occorre stabilire una relazione diversa tra noi e le regole, che sono fonte di possibilità, di riconoscimento, di benessere. “È necessario cambiare il modello del pensiero al nostro interno”. “Democrazia è essere, impegnarsi, fare la fatica di partecipare. Anche pagando le tasse, ad esempio” Perché ci siano servizi efficienti per tutti.

“È necessario un percorso, occorre cominciare a camminare, attraverso piccoli passi quotidiani”, fatti insieme, se possibile da tutti.  

 

Martedì mattina 24 luglio la seconda giornata della 49ma Sessione di Formazione Ecumenica estiva del SAE si è aperta con la Preghiera e meditazione biblica (At 2,40-42) tenuta da Daniele Pispisa, (Pastore avventista – Brescia).

Il brano proposto alla riflessione contiene l'appello finale della predicazione pronunciata da Pietro in occasione della festa di Pentecoste: “Salvatevi da questa perversa generazione”. La parola tradotta con “perversa” è l'aggettivo skolioV (skolios), il cui principale significato è “ricurvo, storto”, e da cui deriva in italiano il termine medico scoliosi: la curvatura laterale della colonna vertebrale. I rimedi a questa “patologia spirituale” sono suggeriti al v.42, dove emerge il ruolo prioritario della koinonia (koinonia), la comunione fraterna: al valore ego-centrico promosso dalla società, lacomunità cristiana nascente contrappone una dimensione allocentrica molto ambiziosa, fondata su un condividere, un mettere a disposizione dell'altro ogni risorsa propria, spirituale o materiale che sia. Koinonia non è il semplice stare insieme a chi è diverso da me, ma implica un rischioso mettere in gioco le proprie risorse, le proprie convinzioni, la propria identità, la quale si concede all'altro e concede che l'altro sia capace di arricchirla.

Per crescere pertanto, non è sufficiente incontrare l'altro- ha sottolineato il Pastore Pispisa – “ma occorre che si crei un'inderogabile armonia. Talvolta, quando stiamo insieme a chi non condivide le nostre idee, ci comportiamo come dei cantanti che, sebbene intonati, cantano contemporaneamente melodie diverse e inconciliabili; talvolta convergiamo sulla stessa melodia riuscendo a trovare perfino gli stessi tempi nell'esecuzione, ma la eseguiamo in tonalità differenti: il risultato è comunque sgradevole. Altre volte raggiungiamo l'importante risultato di cantare all'unisono: riusciamo a mettere da parte i propri particolarismi essendo disposti a “perdersi” nella melodia dell'altro, riconoscendo in lui una ricchezza di cui noi non siamo capaci. Ma è possibile raggiungere traguardi ancora più prestigiosi: se l'orchestra è diretta dal grande Maestro, ognuno potrà permettersi di cantare contemporaneamente una melodia diversa, più confacente alla propria natura, senza produrre fastidiose dissonanze, ma anzi generando una piacevolissima armonia! Uniti nella diversità!” Pispisa ha concluso auspicando che lo Spirito Santo, che è stato capace di produrre nella chiesa nascente una simile armonia smussando le asperità dei primi cristiani, possa realizzare anche nella vita dei credenti di oggi una simile opera.

 

La tavola rotonda su L’etica sociale nelle chiese  ha visto al tavolo dei relatori Giovanni Cereti  (Teologo cattolico – Roma),  Holger Milkau  (Decano Chiesa Ev. Luterana in Italia – Napoli) ed    Evangelos Yfantidis (Archimandrita, vicario generale della Diocesi Ortodossa d’Italia e Malta del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli -Venezia).

“La questione morale è avvertita come di particolare urgenza nel momento attuale, in cui sembra che non ci sia limite al degrado etico, sociale, culturale nel quale è sprofondata la nostra Italia. Un degrado che non riguarda solo il nostro popolo, ma che nel nostro paese viene vissuto da molti con particolare sofferenza, anche perché esso viene spesso addebitato a una mancata formazione all’etica civile e sociale di cui grande responsabilità porterebbe la comunità cattolica”, ha esordito don Cereti. Per rispondere a questa lettura degli eventi, egli  ha ripercorso la tematica  bella, affascinante ed enormemente vasta dello sviluppo dell’etica sociale nella chiesa cattolica,  dai primi secoli, quando l’etica sociale è stata vissuta senza essere teorizzata, nello spirito di fraternità e di comunione che caratterizzava le prime comunità cristiane fino al concilio Vaticano II e alla teologia degli ultimi decenni. Questo percorso storico ha consentito di riconoscere come la riflessione sull’etica civile e sociale è stata presente in tutti i secoli, anche se con modalità diverse secondo le diverse epoche. Essa poi è stata particolarmente viva a partire dall’Ottocento, con lo sviluppo della dottrina sociale della chiesa (soprattutto conla Rerum Novarum e le Encicliche sociali successive), ma anche con l’affermarsi di un impegno di solidarietà manifestato attraverso le società di mutuo soccorso, le cooperative, i sindacati e una presenza dei cattolici nella vita politica e civile.

Il Relatore ha poi fatto una rilettura della Bibbia con i maggiori filoni che possono interessare l’etica sociale, a partire dall’Esodo, narrazione della liberazione di un popolo dalla schiavitù e dall’oppressione. Liberare gli oppressi è pertanto il comandamento fondamentale. Gesù, il Liberatore per eccellenza, è colui che chiama a pienezza di libertà e di umanità. Poi ha indicato come altri filoni ispiratori:

- l’Alleanza fra Dio e il suo popolo: l’osservanza delle leggi e dei comandamenti come fedeltà all’Alleanza. Un popolo nel quale tutti i membri sono su un piano di eguaglianza. Il tema nuziale, segno dell’Alleanza. In Gesù la nuova e definitiva Alleanza. Egli è il vero Sposo;

-la predicazione profetica (profeti del primo e del nuovo testamento) che si erge contro ogni culto esteriore, contro ogni legalismo, contro ogni forma di ingiustizia sociale. Gesù, il profeta per eccellenza, denuncia ogni forma di oppressione e di ingiustizia: le beatitudini;

- la riscoperta di un Dio Creatore e del rispetto dovuto alla buona creazione di Dio. Un mondo da coltivare e da custodire (Gen 2, 15). L’uomo collaboratore di Dio nell’opera della creazione. Il fondamento biblico dell’attuale preoccupazione ecologica. Gesù e la sua attenzione al creato;

- Il comandamento dell’amore, verso Dio e verso il prossimo, l’uno essendo la misura dell’altro. Gesù, l’uomo per gli altri, colui che ha saputo amare fino a donare la vita.

Nell’ultima parte del suo intervento ha ripreso le tematiche centrali dell’etica sociale come sono presenti nel concilio Vaticano II e nella teologia contemporanea, che pongono la persona umana al centro di tutto, nella sua dignità, nella sua libertà, e nel rispetto della sua coscienza.

1. –L’indole comunitaria dell’umana vocazione nel disegno di Dio  sottolineata con forza dai documenti del Concilio (soprattutto nella Gaudium et Spes), che sono destinati a portare frutto anche in futuro. Esiste un’interdipendenza fra il singolo e la società, si deve riconoscere l’eguaglianza fondamentale fra le persone, e occorre superare l’etica individualistica,;

2. – Il valore dell’attività umana, come via per servire gli altri, perfezionare se stessi, e glorificare il Creatore. La vita spirituale come vita sotto lo Spirito nelle condizioni ordinarie dell’esistenza umana. Il compimento dei propri doveri di stato;

3. – In campo economico-sociale, il primato del bene della persona e del suo lavoro, e la destinazione universale dei beni della terra. La funzione sociale della proprietà e la necessità della condivisione, innanzitutto attraverso il pagamento delle imposte, perché si possa provvedere alle mille necessità della società attuale, dall’educazione dei giovani, alla sanità, alle pensioni, agli interventi di solidarietà necessari sia all’interno del singolo stato sia a livello internazionale;

.4. –L’organizzazione politica della società, conl’accettazione del sistema democratico, il legittimo pluralismo, e la definizione dei rapporti fra Stato e Chiesa su un piano di reciproca autonomia e di auspicabile collaborazione;

 5. – La promozione della pace e la comunità delle nazioni. Dare vita a un’autorità a livello universale che sia in grado di promuovere pace e giustizia fra tutti i popoli e di intervenire per la difesa dei diritti di ogni persona. Tutto questo può comunque essere realizzato attraverso un dialogo e una collaborazione fraterna fra i cristiani di tutte le chiese (GS 92), fra i credenti di tutte le religioni, e fra tutti gli uomini di buona volontà, perché si possa raggiungere quel pieno sviluppo della persona e della comunità umana che i credenti riconoscono essere nel piano di Dio sulla nostra umanità.   

 

L’etica luterana – ha spiegato il Decano Milkau - è etica evangelica basata sul concetto antropologico della Riforma che il peccatore è giustificato; si definisce provvisoria in quanto fatta da uomini per le vicende temporali e non pretende di esprimere un valore definitivo rilevante per la salvezza, ma vuole dare spazio al più grande giudizio di Dio.

L’etica luterana, ancora, è un’etica personale radicata nella chiamata alla responsabilità dell’individuo per il suo ambiente e per la sua società e non vuole guadagnare un merito per la salvezza attraverso il proprio impegno, ma esprime invece la consapevolezza del dono della  salvezza ricevuta. L’interdipendenza tra la legge e la libera risposta condiziona il concetto dell’etica luterana. La libertà dell’impegno sostituisce l’atto di ubbidienza verso un comandamento astratto. Due cose fondamentali restano: incentivare lo spirito dell’umanità alla luce della giustificazione del peccatore e insegnare l’amore come comportamento principale e più nobile del cristiano in tutti i campi dell’impegno etico.

Per Martin Lutero una fede profonda produce e supporta l’atteggiamento etico. L’interesse profondo di Dio mira all’individuo. L’amore profondo di Dio per l’uomo lo rende responsabile ed orgoglioso nel suo ordine particolare. Significa: là dove stai, stai bene, ma stia anche bene.

Albert Schweitzer istituisce il concetto del rispetto per la vita in ogni sua forma Ogni individuo deve riflettere sulle proprie azioni in modo da evitare dispetto e incomprensione verso convinzioni ed azioni altrui.

Bonhoeffer: La vita in Dio deve essere secolarizzata completamente, la fede ha cambiato l’uomo e gli ha dato la possibilità di rispecchiare la realtà di Cristo anche in un mondo che non ne sa più nulla. L’etica rifiuta ogni forma di morale astratta e richiama l’uomo all’amore per la vita e alla responsabilità che esso comporta.

L’Archimandrita P. Evangelos Yfantidis, vicario generale della Diocesi Ortodossa d’Italia e Malta del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli ha illustrato i principali Aspetti del Magistero sociale della Chiesa Ortodossa.

Il grande nucleo del magistero sociale contemporaneo della Chiesa Ortodossa, che indica il complesso dei principali insegnamenti e direttive intese a risolvere secondo lo spirito del cristianesimo ortodosso i problemi attuali socio-politici-economici, è composto non da famose encicliche come nella Chiesa romano cattolica, ma dai discorsi sociali dei vertici del mondo ortodosso, i Patriarchi Ecumenici di Costantinopoli, specialmente Sua Santità Bartolomeo. I temi toccati dal Relatore: uomo, società, stato-patria-nazionalismo, razzismo-libertà-giustizia, pace e guerra, economia, cultura, educazione, scienza e bioetica, creazione naturale.

Il Patriarcato ecumenico, secondo il Patriarca ecumenico Bartolomeo, “non smetterà di lottare per il rispetto dei diritti degli uomini e dei popoli, consapevoli che così ordina la volontà di Dio. Per noi ortodossi la libertà, la giustizia, l’uguaglianza dei diritti politici, il diritto della diversa opinione, la possibilità di accesso all’informazione senza impedimento, la copertura dei bisogni necessari della vita, la possibilità dell’istruzione e della cultura spirituale, la libera comunicazione tra persone e popoli, la libera circolazione di beni sono importanti componenti della vita dalle quali nessun uomo possa essere escluso, indipendentemente dal colore nazionalità o lingua. Per di più la libera espressione del sentimento religioso”. Perché “Così riteniamo, così proclamiamo, così crediamo!”.

L’Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta (con sede a Venezia), sotto la guida del Metropolita Gennadios Zervos, “cerca di testimoniare il magistero sociale della Chiesa Ortodossa  servendo tutte le necessità possibili di tutti gli uomini senza nessuna distinzione”.

                                                

 

 

 Martedì sera 24 luglio alle ore 18,30 Mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza e membro della Commissione Episcopale per l'ecumenismo e il dialogo, ha presieduto la celebrazione eucaristica cattolica alla 49ma Sessione del SAE, cui ha portato il saluto e il grazie della Conferenza Episcopale Italiana. Conoscitore da antica data del Segretariato Attività Ecumeniche - partecipò, decenni or sono, ad una Sessione alla Mendola - è legato da amicizia con la fondatrice Maria Vingiani. “Mi sento veramente unito a voi”, che avete un compito delicato e di grande importanza nell’animazione del cammino verso l’unione dei cristiani, ha detto nel saluto iniziale.

Mercoledì 25 luglio 2012 su "Economia, solidarietà, lavoro: l'esperienza del movimento ecumenico" sono intervenuti Lorenzo Biagi, (segretario generale della Fondazione Lanza – Padova) e Luca Maria Negro (Pastore evangelico battista, direttore del settimanale "Riforma").

Nel capitalismo - ha detto Biagi - , sono stati toccati dei punti nevralgici fondamentali. Il sistema ha portato di fatto alla “liberazione” di un potere lucrativo tendenzialmente illimitato e ciò compromette gravemente i rapporti umani.

 Mercoledì 25 luglio 2012,  h 18,30, ha avuto luogo il Culto Evangelico con Santa Cena, presieduto dalla Pastora Maria Bonafede, moderatora della Tavola Valdese, che nella predicazione su Mt 14,22-33 ha detto tra l’altro:  “La barca nel lago in tempesta, i discepoli impauriti dal vento che solleva le onde ci dice chiaramente che si tratta della fiducia minacciata. Ma l’immagine del mare come raffigurazione del male incontrollabile e profondo è anche molto chiara e antica come immagine della stessa esperienza umana che si trova improvvisamente sul punto di essere travolta dall’abisso”. É immagine però anche tragicamente attuale “delle carrette che vagano nel Mediterraneo stipate di profughi disperati eppure pieni di intima speranza, vittime e al contempo simboli di un’ingiustizia profonda, globale”. É al contempo l’immagine di un mondo in qualche modo nuovo, data la “chiara consapevolezza che il mondo nel quale siamo nati e che abbiamo contribuito a creare è definitivamente finito”.

La giornata di giovedì 26 luglio 2012,   si è aperta con la preghiera e meditazione biblica (2 Cor 9, 6-10), tenuta da Padre Gheorghe Vasilescu (Arciprete ortodosso romeno – Torino) ed è continuata con la tavola rotonda sul il tema “Interculturalità e pace”, tenuta da Brunetto Salvarani (Saggista, direttore Cem-Mondialità - Carpi), Bruno Segre, Direttore di Keshet – Milano) e Ouejdane Mejri (Presidente Associazionene Pontes, Tunisini in Italia)..

Geremia 22, 1-3 è stato commentato nell’omelia tenuta durante la celebrazione  dei Vespri ortodossi da Traian Valdman (Arciprete ortodosso romeno - Milano).
“A tutti il profeta dice in modo imperativo: praticate il diritto e la giustizia (22, 3a)”, ossia  “chiede di prendere una decisione pratica, concreta”.

 La preghiera e la meditazione biblica  su Michea 6,8 condotta da  Amos Luzzatto (Saggista, presidente della Comunità ebraica di Venezia) ha aperto i lavori della giornata di venerdì 27 luglio 2012, penultima giornata di lavoro della Sessione SAE 2012,  continuati con le relazioni di Debora Spini (Syracuse University in Florence – Firenze) e Giovanni Bachelet, (Gruppo PD, Camera dei Deputati - Roma).

Una celebrazione ecumenica nella cornice del giardino dell'istituto ospitante ha chiuso la giornata con canti, preghiere e la memoria dei giudici Giovanni Falcone, Pietro Borsellino e di don Pino Puglisi.

Al termine della celebrazione i presenti, ma a nome di tutti e tutte, soci amici e simpatizzanti dell'associazione, hanno ringraziato i membri del comitato esecutivo uscente: Simone Morandini, Gioachino Pistone e Lucia Rocchi con il presidente Meo Gnocchi e la moglie Vanna e hanno accolto la nuova presidente Marianita Montresor.

La mattina di sabato 28 luglio ha concluso i lavori della  della  XLIX Sessione SAE, con l'intervento di Paolo Ricca  Costruire la città, custodire il giardino e le note conclusive di Gioachino Pistone (Libreria Claudiana-Milano) e Simone Morandini (Fondazione Lanza, Ist. S. Bernardino - Venezia)  membri del Comitato esecutivo.
Uno sguardo lungo e dalle aperture ampie quello offerto da Paolo Ricca (docente emerito della Facoltà Teologica Valdese – Roma). Le parole del titolo: "costruire la città, custodire il giardino" e descrivono l’inizio e la fine della storia dell’umanità secondo la Bibbia, questa storia comincia con il giardino e finisce con la città. Qui due osservazioni si impongono e cioè che entrambi - il giardino e la città - sono abitati oltre che dall’uomo anche da Dio, il quale pianta il giardino dell’Eden e costruisce edifica la città di cui è architetto e costruttore (Eb 11, 10). Dio è, per così dire, di casa tanto nel giardino quanto nella città. Ma la cosa interessante è che la storia umana non si conclude con un ritorno al giardino, cioè la visione della storia nella Bibbia non è regressiva. 

Uno sguardo lungo e dalle aperture ampie quello offerto da Paolo Ricca (docente emerito della Facoltà Teologica Valdese – Roma) sul tema: Costruire la città, custodire il giardino”, in apertura della giornata conclusiva della XLIX Sessione SAE, di sabato 28 luglio 2012.
Queste due parole descrivono l’inizio e la fine della storia dell’umanità secondo la Bibbia, questa storia comincia con il giardino e finisce con la città. Qui due osservazioni si impongono e cioè che entrambi - il giardino e la città - sono abitati oltre che dall’uomo anche da Dio, il quale pianta il giardino dell’Eden e costruisce edifica la città di cui è architetto e costruttore (Eb 11, 10). Dio è, per così dire, di casa tanto nel giardino quanto nella città. Ma la cosa interessante è che la storia umana non si conclude con un ritorno al giardino, cioè la visione della storia nella Bibbia non è regressiva.
Un’altra osservazione è che in realtà noi non siamo più nel giardino, perché ne siamo stati scacciati - secondo la Bibbia - e non siamo ancora nella città. Ci stiamo muovendo verso tale destinazione, sulla scorta del grande paradigma di Abramo, che va di patria in patria perché ne cerca una migliore, quella celeste, che è appunto la città di Dio.
Per cui mentre il tema dice coltivare il giardino, la Bibbia dice che non lo possiamo più coltivare, ma coltiviamo il suolo. “Allora forse il nostro compito è appunto quello di trasformare il suolo in giardino”, ha sottolineato Ricca. Che ha proseguito il suo intervento articolandolo in due parti: una su coltivare il giardino, l’altra su costruire la città.
- I.  Coltivare il giardino. La Bibbia però aggiunge custodire, ossia coltivare in modo da custodire, perché lo si può coltivare in modo negativo, tale da sterilizzare, distruggere. Quindi è importante tenere insieme i due verbi: coltivare e custodire. Questo legame tra  il coltivare e il custodire è fondamentale: questo diventa oggi un imperativo ecologico, che intende trasformare l’homo sapiens in homo ecologicus. Cioè l’uomo deve ri-pensarsi in una nuova relazione con l’ambiente e con gli animali. Ha ricordato l’invito di Zarathustra: “Uomini, siate fedeli alla terra”. Dobbiamo pienamente far nostro questo invito, ha sottolineato il relatore-  perché la terra dalla quale siamo stati tratti è nostra madre. E non è mai bene maltrattare la propria madre.
- II.  Costruire la città.  Ricca ha sviluppato l’argomento sotto 4 aspetti: 1) perché la città, a quale bisogno corrisponde, 2) Dio e la  città dell’uomo, 3) come costruire la città e 4) che rapporto c’è tra la città di Dio e la città dell’uomo. Sul primo punto ha risposto: la città corrisponde ad un bisogno di socialità; sul 2°, l’importanza della città la possiamo misurare se pensiamo alle due parole che da essa derivano e cioè cittadinanza e civiltà. Sulla cittadinanza ha sottolineato l’importanza della cittadinanza del mondo svincolando questa nozione dallo stato nazionale. Riguardo alla civiltà essa è l’ethos del civis, il cittadino, l’insieme di ciò che l’uomo in quanto cittadino ha elaborato nel tempo in tutti i campi dell’attività umana. Dio “costruisce con l’uomo la città dell’uomo, mentre costruisce per l’uomo la città di Dio”. Come costruire? Sono 4 le colonne portanti: il diritto e la giustizia, la pace e la libertà.
- Che rapporto c’è  tra la città dell’uomo e Dio? La città dell’uomo - ha concluso Ricca -  va intesa come parabola della città di Dio. “Non possiamo costruire il Regno di Dio, possiamo però costruire delle parabole del Regno”.

Gioachino Pistone (Libreria Claudiana-Milano) e Simone Morandini (Fondazione Lanza, Ist. S. Bernardino - Venezia) , membri del Comitato esecutivo, hanno presentato le conclusioni della Sessione, ripercorrendo le relazioni e le attività dei gruppi.

2 agosto 2012

Un dialogo ecumenico sull’etica sociale   

Una seconda sessione sull’etica, ma con una prospettiva diversa - e non penso alla differenza del paesaggio tra le colline toscane  e le Prealpi venete, in questa terra che ci ha accolto con un affetto e una generosità che hanno trovato espressione forte nell’intervento di mons. Gianfranco Agostino Gardin e nell’omelia di mons. Beniamo Pizziol. Neppure mi riferisco alla maggior ricchezza di linguaggi – dal cinema ed al teatro al video utilizzato nell’intervento di Marco Campedelli fino alla “meditazione biblica multimediale” del pastore Daniele Pispisa. Nemmeno mi riferisco alla varietà di volti nuovi – il SAE sembra come uno scriba che sa trarre cose nuove e cose antiche dal tesoro dell’ecumene - che hanno arricchito il nostro incontro; e tra di essi merita segnalare le numerose donne, da Ouejdane Mejri a Ilenya Goss, operaia presa all’ultimissima ora per sostituire chi era stato costretto ad assentarsi.

MEDITAZIONE SU MICHEA 6,8 - Amos Luzzatto

MEDITAZIONE SU 2CORINZI 9,6-10 - George Vasilescu

MEDITAZIONE SU ATTI DEGLI APOSTOLI 2,40 - Daniele Pispisa

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PREDICAZIONI

PREDICAZIONE ALLA CELEBRAZIONE DEI VESPRI ORTODOSSI SU GEREMIA 22,3 - Traian Valdman

 

 

 

Sintesi del lavoro del gruooi n. 5 coordinato da Miriam Giovenzana

Ci siamo occupati in particolare di crisi agricola e dei suoi legami con i cambiamenti climatici e la speculazione finanziaria, ma soprattutto di come consumi individuali e scelte produttive influiscono sui mercati. Perché il cibo è di tutti e dovrebbe essere per tutti. Ci riguarda quindi sul piano individuale e su quello dell'organizzazione della società, quindi della giustizia (non a caso il diritto a una alimentazione adeguata fa parte della Dichiarazione sui diritti umani).

Inoltre il rapporto che abbiamo con il cibo è rivelatore dei valori con cui stiamo al mondo.