Chiese europee – Crisi dei rifugiati

Il 3 settembre l’arcivescovo di Canterbury e primate della Chiesa d’Inghilterra e della Comunione anglicana Justin Welby pubblica una dichiarazione sulla crisi dei rifugiati che arrivano a decine di migliaia in Europa, fuggendo dalle aree di guerra in Medio Oriente (cf. in questo numero a p. 589ss). Afferma: «Questa è una crisi di grande complessità e perversità, che sottolinea la nostra fragilità umana e la fragilità del nostro sistema politico». Dopo avere ricordato l’insegnamento della Scrittura sull’accoglienza dello straniero conclude: «Non possiamo girarci dall’altra parte davanti a questa crisi. Dobbiamo rispondere con compassione. Ma dobbiamo anche evitare l’ingenuità di affermare che abbiamo le soluzioni per mettervi fine. Essa chiede una risposta pan-europea, cioè un impegno a un serio dibattito politico e diplomatico, anche se non a spese di un intervento pratico sulle necessità immediate di quelli che hanno più bisogno del nostro aiuto» (www.anglicannews.org).
Il 4 settembre anche il segretario generale della Federazione luterana mondiale Martin Junge, in una lettera alle Chiese luterane europee, denunciando a sua volta la preoccupante assenza di un’azione politica comune dell’Europa incoraggia le Chiese luterane a svolgere il loro ruolo in questa crisi, cioè «sia provvedendo l’assistenza diaconale ai rifugiati e - forse ancora più importante - sostenendo apertamente una generosa accoglienza che riconosca la dignità umana di ogni rifugiato e contrasti i messaggi populistici di paura ed esclusione» (www.lutheranworld.org).
La Comunione mondiale delle Chiese riformate (WCRC), che rappresenta Chiese riformate, congregazionali, presbiteriane, valdesi, unite e in via d’unione, scrive una lettera il 9 settembre in cui afferma: «L’attuale crisi dei rifugiati in Europa è l’ultima sfida che come famiglia umana globale abbiamo per levare le nostre voci e agire in aiuto di quanti hanno bisogno, e per fare appello su quanti hanno il potere di fare lo stesso».
È invece del 10 settembre una lettera firmata dal Consiglio ecumenico delle Chiese, dalla Conferenza delle Chiese europee (KEK) e dalla Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (CCME), che dettagliatamente elenca una serie di modalità con cui le Chiese possono dare «una testimonianza comune di compassione, giustizia e pace» in questa crisi drammatica ed epocale (www.ceceurope.org).

KEK – Diritti umani ad Halki

La promozione e la protezione dei diritti umani e della libertà di religione e di credo per ogni essere umano, popolo e nazione fanno parte del DNA della KEK. Lo afferma il documento conclusivo del convegno sui diritti umani organizzato dalla KEK ad Halki, nell’isola turca di Hebeyliada, dal 6 al 9 settembre, con la partecipazione di oltre 40 esperti provenienti da tutta Europa e appartenenti alle Chiese della KEK, alla società civile, al mondo accademico e alle istituzioni europee. Apre il convegno il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I (cf. in questo numero a p. 630); tra i temi affrontati la difesa delle minoranze religiose in Europa e oltre, il ruolo della religione nello spazio pubblico, le crisi in Siria e in Iraq.
Il documento finale esprime il sostegno dei partecipanti alla richiesta di adesione della Turchia nell’Unione Europea, sottolineando tuttavia che «esistono ancora degli ostacoli», tra cui la situazione della libertà di religione e di credo, il rapporto con la minoranza curda, la questione armena, il rapporto tra le comunità turca e greca a Cipro.

Clima - Pellegrinaggio ecumenico

Di fronte a quella che considerano la maggiore questione sociale e morale del nostro tempo per l’umanità, cioè la giustizia climatica, le Chiese intensificano l’azione ecumenica in vista della Conferenza ONU sul clima (COP21) di Parigi (30.11-1.12.2015). Il 7 settembre leader e rappresentanti delle Chiese protestanti, ortodosse, anglicane e cattoliche s’incontrano a Bruxelles nell’ambito del «Pellegrinaggio di giustizia e pace» promosso dal Consiglio ecumenico delle Chiese e del «Tempo per la creazione» celebrato da molte Chiese dal 1° settembre al 4 ottobre. L’evento di preghiera e confronto è sostenuto dalla KEK, dalla Rete ambientale cristiana europea (ECEN), dalla Commissione degli episcopati della Comunità europea (COMECE) e dal Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (CCEE).
E il 30 settembre parte da Roma la tratta italiana del «Pellegrinaggio dei popoli», la marcia verso la COP21. Partito dalle Filippine a opera dell’attivista per la giustizia climatica Yeb Sano; nel nostro paese è organizzato dalla Federazione degli organismi cristiani servizio internazionale volontariato (FOCSIV; cf. Regno-att. 7,2015,439).

Chiesa assira d’Oriente – Nuovo patriarca

Il nuovo patriarca della Chiesa assira d’Oriente si chiama Mar Gewargis Sliwa III, e succede a Mar Dinkha IV, spentosi in marzo negli Stati Uniti, dopo un mandato patriarcale durato 39 anni. Il Sinodo della Chiesa assira d’Oriente lo elegge il 16 settembre, mentre la cerimonia liturgica per l’insediamento viene celebrata a Erbil il 27 settembre. Già metropolita di Iraq, Giordania e Russia, Mar Sliwa era l’unico metropolita assiro ancora residente in territorio iracheno. La sede patriarcale assira, in seguito all’esilio del patriarca Mar Eshai Shimun XXIII, lasciò il Medio Oriente nel 1933 e dal 1940 è stata insediata a Chicago (USA). Dal 2006 è iniziato il progetto di costruzione di una residenza patriarcale a Erbil, che rende plausibili le voci su un possibile trasferimento della sede patriarcale nella capitale del Kurdistan iracheno. Gewargis Sliwa è nato il 23 novembre 1941 ad Habbaniya, in Iraq. Ha compiuto i suoi studi a Baghdad e negli Usa. È stato ordinato sacerdote nel 1980 e arcivescovo metropolita per l’Iraq nel 1981.

Gerusalemme – Patriarchi cristiani sulle nuove tensioni

I capi delle Chiese di Gerusalemme il 21 settembre esprimono «seria preoccupazione» per le violenze verificatesi sulla Spianata delle moschee negli scontri tra polizia israeliana e musulmani palestinesi, ed esprimono ferma condanna per le iniziative con cui si modificano le regole codificate che presiedono all’accesso e alla gestione dei Luoghi santi. Nei giorni precedenti le forze dell’ordine israeliane avevano consentito l’accesso solo agli adulti con età superiore ai 40 anni. Tali affermazioni sono contenute in un comunicato, diffuso dalle fonti ufficiali del Patriarcato latino di Gerusalemme: «I musulmani - vi si legge - hanno il diritto di libero accesso e di culto presso la Moschea di Al Aqsa». I leader cristiani ribadiscono che i luoghi santi «hanno bisogno di protezione vigile e costante», e richiamano il ruolo di custode dei Luoghi santi musulmani a Gerusalemme riconosciuto alla Giordania e sancito dal trattato di pace sottoscritto tra Stato ebraico e Regno Hascemita nel 1994. Il comunicato è sottoscritto da 13 patriarchi, vescovi e capi di Chiese e comunità cristiane presenti a Gerusalemme, compresi il patriarca greco ortodosso Theophilos III, il patriarca latino Fouad Twal e p. Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra santa.

Daniela Sala