Un forte rumore nel corso della notte. Un elicottero? Sì, era l'elisoccorso; ma per chi? La mattina del primo maggio, giornata conclusiva del nostro convegno di primavera di Torre Pellice, si apprese che era per Clara. Pioveva, era freddo, si  visitò i luoghi storici valdesi in val d'Angrogna, ma il pensiero andava a un ospedale torinese. Le prime notizie erano certo serie tuttavia non particolarmente drammatiche. Nelle settimane successive i passi avanti e quelli indietro si alternarono di continuo. Clara fu trasferita nella sua casa a Milano, poi in una clinica, infine al Niguarda. A chi l'andava a trovare parlava di quanto aveva in animo di fare per la sessione, il sito, gli atti. All'inizio Dio soffiò in noi un alito di vita, nelle creature esso però non dura per sempre. Dopo il cuore, la crisi ha colpito il respiro. Ora Clara non è più tra noi, o meglio rimane tra noi in altro modo.

Ricavare segni e significati da quanto accade è impresa che, per lo più, va al di là delle nostre capacità; altro è affermare che quel che avviene ci interpella. Che Clara abbia imboccato il tratto finale della sua vita terrena mentre era tra noi è un evento che incrementa la nostra responsabilità. Il SAE le deve molto. A provarlo basta una sommaria elencazione: a lungo responsabile del gruppo milanese, infaticabile nell'aggiornare il sito, nel curare gli atti, nel suo compito di segretaria del gruppo teologico, nella presenza in tanti ambiti dedicati alla ricerca teologica e biblica e al dialogo cristiano-ebraico. Le sue competenze culturali e specialistiche, specie nell'ambito dei penitenziari medievali, erano di assoluto rilievo. Tutto ciò è vero; ma ora vogliamo guardare a una verità ancor più vera,  l'unica che può consolare i suoi cari, l'unica che ci sospinge a camminare nella fede. È la speranza che Colui che ci diede l'alito di vita ce lo restituisca per sempre: «Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete» (Ezechiele 37,5).

Piero