DOCUMENTI

XL  SESSIONE DI FORMAZIONE ECUMENICA

Leggere i segni dei tempi. Europa, culture, religioni.”


CHIANCIANO  1 agosto 2003

RELAZIONE DEI LAVORI DEL GRUPPO 8°

FINE DELLA SECOLARIZZAZIONE?

Il gruppo è composto di 34 persone tra cui due pastori evangelici, il consulente ortodosso Zelinski, il relatore cattolico, Mons. Carlo Molari, e almeno un non credente. Assente invece la Pastora Teodora Tosatti, consulente evangelica invitata.

Le riunioni sono state sempre aperte con la lettura di Rom 12,1-2 e con una invocazione allo Spirito.

Nel primo incontro il relatore ha presentato brevemente il senso del titolo e la problematica soggiacente. La ragione dell’interrogativo sulla fine della secolarizzazione sta nel fatto che l’attuale interesse per la problematica religiosa ha colto di sorpresa molti osservatori, che avevano previsto una diminuzione progressiva dell’incidenza sociale delle religioni fino all’esaurirsi della stessa domanda religiosa, quale conseguenza della secolarizzazione. Ma nonostante questo dato il relatore ha sostenuto che in realtà la secolarizzazione, intesa come “sottrazione di aree di vita e di pensiero al potere religioso” (e non alla semplice incidenza della fede in Dio) è un processo ancora in atto, che impone la purificazione della fede e della pratica religiosa.

Nella discussione apertasi sono emerse diverse riflessioni che hanno richiesto ulteriori precisazioni.

È stato ricordato che la secolarizzazione intesa nel senso indicato, è un aspetto di un processo sociale e culturale molto più ampio e più antico, le cui dinamiche sono state descritte attraverso tre binomi contrapposti: sacro/profano, secolare/religioso, laico/prete. I vari aspetti sono stati designati rispettivamente come: desacralizzazione, secolarizzazione e laicizzazione. Spesso però con il termine ‘secolarizzazione’ (o anche laicizzazione, soprattutto in ambito francese) si intende tutto il processo nella sua ampiezza.

La desacralizzazione è iniziata con il cammino della filosofia e della scienza (che si sono interrogate sulle cause dei processi della natura e hanno ricercato le leggi che regolano dal di dentro i fenomeni della creazione e della storia). L’ambito sacro (riservato alle divinità e regolato da cause trascendenti) ha lasciato spazi sempre più ampi alla natura e quindi al profano fino a raggiungere tutti i confini del sapere e delle esperienze umane. Per lo scienziato e per lo storico non esistono fenomeni della creazione ed eventi storici che debbano essere attribuiti ad esseri trascendenti. Anche quando le cause dei processi non sono ancora note esse vanno ricercate per principio nelle realtà create, senza ricorrere mai ad esseri trascendenti. A tale impostazione di metodo consegue la completa autonomia delle realtà mondane, l’indipendenza delle loro dinamiche e l’assoluta autosufficienza delle rispettive scienze.

La secolarizzazione consiste, invece, come abbiamo visto, nella progressiva diminuzione degli spazi gestiti dal potere religioso nella vita sociale, che acquista così una completa autonomia rispetto alle tradizioni e alle leggi religiose.

La laicizzazione è l’incidenza sempre maggiore dei laici nella società e nella stessa vita ecclesiale. Dove il termine laico acquista significati diversi secondo gli ambiti di riferimento. Nella chiesa oggi laico indica il cristiano che vive consapevolmente la missione ecclesiale negli spazi della politica, del lavoro, della famiglia, dello sport ecc.

Riguardo alla secolarizzazione intesa in senso proprio, alcuni interventi hanno sottolineato l’ambiguità del processo. Vi sono infatti aspetti positivi, come la presa di coscienza dell’autonomia dei vari campi del sapere e della vita sociale, la purificazione della vita ecclesiale da commistione di poteri estranei, l’accentuazione dell’essenziale. Ma rilevanti sono anche le conseguenze negative come l’ignoranza diffusa della religione e la diminuzione vistosa della sua pratica.

Zelinsky, in particolare, riferendo la sua esperienza delle chiese ortodosse (soprattutto Russa) nella chiesa Russa, ha messo in luce il diverso atteggiamento degli ortodossi nei confronti della secolarizzazione, accompagnata dall’ateismo militante. Ha detto testualmente: “La fede come tale è stata vittima della società secolarizzata per decenni e ora essa ha la tentazione di cercare la sua rivincita”.

La prima giornata si è conclusa con la scelta, fra i tanti emersi, del problema su cui continuare il confronto. È stato formulato nell’interrogativo: come una comunità cristiana può annunciare e testimoniare il regno che viene, in una società ampiamente secolarizzata come quella occidentale?

La discussione si è polarizzata su due temi. Da una parte la purificazione della vita di fede e dall’altra l’esigenza dei nuovi linguaggi per rendere significativo ed efficace l’annuncio evangelico.

1.      Circa la purificazione della fede è stato rilevato che la secolarizzazione ha posto in radicale discussione alcuni modi di vivere la fede e alcuni suoi contenuti dottrinali, legati a modelli culturali passati. È stato inoltre rilevato che spesso invece le comunità cattoliche continuano a gestire i servizi religiosi a gente che nella vita di ogni giorno vive come se Dio non esistesse. Non hanno assunto ancora la secolarizzazione nella pastorale. Assistiamo anche nella chiesa al conflitto tra coloro che curano maggiormente il perpetuare delle forme e delle strutture e coloro che non temono di scomparire come lievito nella massa per lasciare spazio a una nuova creazione dello Spirito.

Si contesta in questo modo l’uso del sacro come medicina e non come alimento della vita spirituale.

In ordine alle possibili soluzioni qualcuno ha richiamato l’urgenza di rendere eucaristiche le comunità ecclesiali, di fare scelte di sobrietà, di testimoniare l’amore, la gioia e la speranza. L’immagine proposta è quella di una comunità che non ricerca il potere o il riconoscimento, ma  disponibile ad essere lievito nella società per rispondere alle domande di senso che emergono in maniera sempre più impellente nel nostro tempo.

Per impostare una nuova evangelizzazione occorre ricordare che si è iniziati alla fede dall’incontro con il mistero, che la liturgia è luogo di esperienza salvifica e che solo una comunità viva è in grado di indurre la fede.

L’esperienza centrale che una comunità evangelizzatrice propone è l’incontro con la misericordia di Dio, poiché l’unica esperienza concreta di salvezza nel tempo è la remissione dei peccati da parte di Dio. Le altre sono attese nella speranza.

A questo proposito sono state richiamate anche alcune caratteristiche delle nuove spiritualità che sembrano rispondere a esigenze avvertite da molti: la centralità della persona umana come relazione, la visione olistica o globale della realtà per l’unificazione della vita minacciata continuamente dalla frammentarietà e la possibilità di sperimentare l’efficacia della proposta religiosa. Anche le nuove spiritualità sono state lette come fenomeni ambivalenti: esse mostrano la sopravvivenza della esigenza religiosa, ma insieme contengono alcuni elementi d’irrazionalità preilluminista.

2.      Quanto ai linguaggio secolari da utilizzare sono stati fatti numerosi esempi. La discussione si è polarizzata sull’azione di Dio nella creazione e nella storia, e sulla preghiera.

Occorre presentare l’azione di Dio in modo corretto evitando le formule antropomorfiche che attribuiscono a Dio il modo di agire delle creature. Dio è creatore non fa le cose ma le crea, fa in modo cioè che le cose si facciano e fioriscano secondo le proprie leggi interne.

La preghiera così non deve essere concepita come una sollecitazione a Dio a fare cose nuove ma come la sintonia profonda e intensa con la sua Parola/azione che consenta il fiorire di forme nuove di umanità nelle creature. Anche il miracolo in questa prospettiva, non deve essere concepito come un supplemento da parte di Dio alle carenze umane, un intervento dall’esterno della creazione, bensì come l’accoglienza più profonda e intensa da parte delle creature della potenza creatrice di Dio. Essa infatti contiene ricchezze molto maggiori di quelle abitualmente accolte e utilizzate dalle creature.

Questi modelli, che alcuni considerano più adeguati al mondo secolarizzato per favorire l’esperienza di fede e per rendere plausibile l’annuncio del Vangelo, da altri sono considerati riduttivi e rischiosi perché sembrano negare la libertà e l’onnipotenza divina.

A questo punto si è posto il problema se ai credenti (e in particolare ai cristiani) incomba un compito specifico nel mondo secolarizzato: se cioè ci siano situazioni nelle quali solo i credenti in Dio rivelato da Gesù possano offrire vie di salvezza (far emergere cioè qualità nuove di vita). Questa riflessione è stata sviluppata nella convinzione che tutte le culture e le religioni hanno un compito specifico da svolgere. Ognuno infatti ha un suo dono da consegnare al mondo.

Per i cristiani si tratta in concreto di determinare quali specifici compiti spettino a loro in un mondo secolarizzato. Si è convenuto che il dato fondamentale è il tipo particolare di amore che i cristiani hanno fin dall’inizio chiamato agàpe: l’amore di Dio accolto e fatto fiorire come amore dei fratelli: “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore (agàpe) gli uni per gli altri” (Gv 13,34). Da questo dato originario derivano molte conseguenze.

La scelta della povertà intesa come essenzialità, distacco, condivisione per contestare una società fondata sull’avere e sull’affermazione di se stessi attraverso il possesso dei beni.

La decisione coraggiosa di prendere le distanze dalla mondanità, di denunciare le strutture ingiuste e di smascherarne le idolatrie, secondo l’invito di Giovanni: “non amate il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la brama della carne, la brama degli occhi e l’arroganza della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo” (1 Gv. 2,15-16) (dove il termine mondo non indica l’umanità come in altri luoghi, bensì le potenze del male, le spinte deteriori della creatura incompiuta).

Si è notato infine che le differenze di valutazione emerse nel gruppo non sono specifiche dell’una o l’altra confessione ma attraversano tutte le comunità cristiane, anche se si notano accentuazioni diverse nell’Ortodossia, nel Cattolicesimo e nel Protestantesimo.

La gratitudine espressa in conclusione a tutti i partecipanti, deve essere esplicitata nei confronti di Vladimir Zelinski (il consulente ortodosso) e di Miriam Giovanzana che ha svolto la funzione di segretaria e ha presentato in modo esemplare il resoconto orale dei lavori di gruppo all’assemblea plenaria.