DOCUMENTI

XL  SESSIONE DI FORMAZIONE ECUMENICA

Leggere i segni dei tempi. Europa, culture, religioni.”


CHIANCIANO 1 agosto 2003

RELAZIONE DEL GRUPPO 7

SUL CONFINE: ESERCIZI DI LETTURA DEL MONDO

Il nostro gruppo, coordinato da Gabriella Caramore, Eliana Briante e Angelo Casati, era numeroso (trentasei partecipanti) ed abbastanza eterogeneo: composto per lo più di cattolici, ma con la presenza anche di valdesi, battisti, ed un metodista.

Nonostante la difficoltà legata al tema, che si prestava a diverse interpretazioni e forniva molteplici spunti di riflessione, è nata una meditazione abbastanza organica circa il tempo presente, i suoi ed i nostri limiti, di cui oggi vogliamo rendervi partecipi.

La nostra è un’epoca di confini particolarmente mobili, come quelli scientifici; di confini che “cadono”, così come avviene per quelli geografici, spesso senza lasciarci intuire tutti gli esiti possibili. Ma anche di confini che sorgono, di persone messe ai margini.

Perciò la nostra navigazione in questo tempo non è sempre felice: talvolta crea in noi un senso di smarrimento, di vuoto di futuro, di poca giustizia.

La tentazione di alcuni è quella di supplire ad una tale  incertezza creando uno stato di omogeneità, proponendo -  o imponendo - a tutti un solo pensiero ed un unico linguaggio.

A noi un simile progetto non sembra conforme al pensare di Dio!

L’episodio della distruzione della torre di Babele, che abbiamo riletto assieme, dice infatti di un Dio che mal sopporta di essere “rinchiuso” in una sola lingua, in un genere umano uniforme; ma che ama manifestarsi nella pluralità, essere raccontato in modi diversi.

E’ certo che le nostre diversità costituiscono un ulteriore confine. Lo stesso nostro corpo è limite tra noi e l’altro; le nostre idee, precomprensioni, la nostra stessa fede o confessione possono essere lette come confine, come margini ambigui: luoghi di smarrimento ed al contempo di scambio, in cui mettiamo in discussione noi stessi ( e la nostra identità ) ma che proprio per questo possono diventare occasione di arricchimento, nei quali possiamo innalzare barriere o aprirci alla conoscenza dell’altro.

Possiamo amare questo margine? Viverlo e non subirlo? Stare là dove noi e le nostre idee non siamo più al centro? Dove si bada più all’altro che a noi stessi?

A noi pare di sì! Di più: ci sembra che Gesù abbia vissuto un’esistenza intera su questo confine, e che ci inviti a fare altrettanto!

Egli ha saputo allargare i limiti delle proprie tradizioni (così nella guarigione della sirofenicia o della donna curva in giorno di sabato), ha condiviso la vita di chi si trovava al margine della società,  ha superato le divisioni del proprio tempo (dialogo con la samaritana).

Come dunque anche noi possiamo valicare i nostri confini?

Sicuramente attraverso il dialogo, avendo il coraggio di stare in questa sorta di “terra di mezzo” tra le diversità, vincendo la paura che ci viene dal sentirci ai margini, accettando di sostare lì dove tutti ci sentiamo un po’ stranieri.

Ma è sufficiente – ci siamo chiesti – per metterci in relazione, per superare i nostri confini, per avere più giustizia, anche – perché no – per un vero dialogo ecumenico, avere un rispetto reciproco, vivere magari fraternamente?

Forse no!

Leggendo la parabola dei due figli abbiamo infatti riflettuto su quanto sia difficile aprirci all’altro – anche al fratello – in modo gratuito, accettarlo quando ha fatto scelte differenti dalle nostre, quando conduce una vita diversa.

Occorre una misericordia sovrabbondante, come quella del padre della parabola, come quella cioè di Dio; una capacità di amare che non può essere frutto soltanto dei nostri sforzi.

Ma se dialogo e misericordia ci sono parse la via per varcare tanti confini, in ultima istanza ci siamo posti di fronte al limite estremo: quello della morte.

Questo è un confine che proprio non può essere eluso, ci è dato soltanto di attraversarlo in tutta la sua tragicità, così come ha fatto Gesù.

Tuttavia neppure questo estremo limite è l’ultima parola.

L’evento della Risurrezione, se non ci dà una visione chiara della vita futura, costituisce tuttavia una promessa ed un’offerta di senso: promessa e senso di Dio per noi!